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venerdì 4 novembre 2011

La Santoreggia, l‘Erba dei Satiri.
Un'erba tipica della Val d'Orcia, citata dagli antichi

(di Luigi Giannelli)
Incominciamo come al solito con una citazione dall’Opera Magna di Dioscoride, il nostro Medico militare delle Legioni di Vespasiano.
Al Capitolo 40° del III libro della “Materia Medica”, Dioscoride mette la Santoreggia tra il Timo ed il Serpillo. Useremo la versione Mattioli, in forma lievemente “modernizzata” per una migliore comprensione moderna.
Per la verità, in Val d’Orcia si trova facilmente il Serpillo (Timo serpillo) e la Santoreggia selvatica (Satureia
montana), soprattutto sulle parti scoperte delle cave di travertino e le rovine ricche di pietre calcaree (come del resto è il travertino)(1).
<< È erba triviale (comune), la Satureia, ……………………… ha la medesima virtù del Timo; ed utile per i malati, come per i sani [come aroma]; nei cibi si preferisce quella domestica (Satureia hortensis), perché meno piccante >>
Allora andiamo a vedere al Capitolo 39° cosa attribuisce Dioscoride al Timo.
E non dimentichiamo: da noi, a parte il Serpillo, il Timo non viene. Eppure i contadini sostenevano di usare il Timo. Andati a vedere il Timo dei contadini valdorciani e cos’era? Ma la nostra, ardita, piccante, Santoreggia selvatica di Dioscoride!
<<………… Ha questa virtù: bevuto con Sale e Aceto, purga la Flemma per di sotto(2). Giova la sua decozione con miele agli asmatici, espelle i vermi intestinali, favorisce le mestruazioni, l’espulsione della placenta ed il parto.
È diuretico.
Impastato, polverizzato, con Miele, e assunto, favorisce l’espettorazione del muco bronchiale.
Applicato come empiastro, risolve gli ascessi di varie parti del corpo. Dissolve i coaguli sanguigni, toglie le verruche.
Cura la sciatica, applicato come empiastro sulla parte, mescolato a polenta di Farro e Vino.
Mangiato nei cibi, giova alle debolezze degli occhi e della vista.
Si usa come condimento comune >>
Galeno, nel testo “Le virtù dei semplici” conferma quello che dice Dioscoride:
<< È Caldo e Secco [legato quindi al Fuoco] e incisivo [fluidificante] e perciò provoca i mestrui, è diuretico e anche abortivo. Purga l’intestino e fa espettorare i muchi viscosi. È da collocarsi nel III° grado [molto alto] del Calore >>.
Ezio, medico Bizantino lo fa indicare di più ai dolori articolari (Flemma/Acqua reumatica) ed a quelli “ipocondriaci” (ovvero come dissolvente della Malinconia / Terra deprimente e non costruttiva).
Un grande Maestro Erborista, Simone Iozzi di Firenze, ce lo consigliava (a noi ancor giovani “discepoli” erboristi) da dare in decotto ben caldo a chi aveva ascessi dentali: in molti casi una cura del genere ha fatto “scoppiare” l’ascesso ed eliminare il pus ed evitare anche le cure antibiotiche!
Non dimentichiamo che il legame tra Timo e Santoreggia sta anche sul nome greco della stessa, ovvero “Thimbra”. La radice “Thim” è presente in ambedue. Anzi, la Santoreggia è uno speciale tipo di Timo, secondo questo aspetto linguistico.
Timo in greco “Qumox”, Santoreggia in greco “Qumbra”.
E fin qui nulla di “immorale”; secondo alcuni autori il termine “Satur” viene dal latino “sazio”, e corrisponde all’aspetto aromatico-digestivo della pianta, che agendo, in Primo Grado (secondo la Dottrina Umorale Mediterranea) sullo stomaco, favorisce la digestione gastrica e di conseguenza cura la Flemma-muco dei polmoni, ha azione sui reni e sull’apparato genitale femminile e sulle articolazioni.

Altri autori, riferendosi ad alcuni usi “alternativi” della pianta vogliono collegare il termine Satur con Satyr, i Satiri (esseri sovrumani, come le Ninfe) ovvero i compagni di Dioniso/Bacco, che insieme alle Menadi (donne umane, ma “possedute” dal Dio), si trovano al seguito dei riti di Dioniso stesso.
Non ci compete addentraci nella fitta foresta del Mito Mediterraneo, almeno non da soli.
Tuttavia, parte del rituale Dionisiaco è estatico-possessivo, fondato sul consumo di sostanze psicoattive, delle quali abbiamo solo una superficiale conoscenza, ma tra le quali ci sono sicuramente la Santoreggia, l’Edera e le bevande alcoliche, soprattutto il Vino.
Droghe (pur blande), alcool e condizione estatica, molto simile alla Tarantola del Salento, creano le condizioni di una condizione orgiastica, dove uomini e donne si accoppiano con grande entusiasmo (già il termine “entousiasmos” indica la presenza di Dioniso nella comunità umana).
Indipendentemente dal grado di parentela, di clan, di città.
L’ orgia Dionisiaca è un atto sacro, che conduce al Divino, non è semplicemente un atto dedicato al piacere umano e profano.
Molte culture, non solo quella Mediterranea conservano nella loro storia i rapporti tra Sessualità e Divinità. Si pensi al Tantrismo, allo Shivaismo tantrico ed al Buddismo tantrico orientali. In alcuni fenomeni degli stessi sono previsti atti sessuali dedicati all’avvicinamento alla Divinità o ad uno stato sovrumano, soprannaturale.
E il culto Dionisiaco, duramente represso dal Senato fin dal III° secolo a. C., era un culto popolare, dove non vigevano distinzioni di status, censo, casta. Perfino i poveri e gli schiavi potevano partecipare. Quindi un culto nel contempo coinvolgente, orgiastico, “democratico” (pensate come una matrona romana, di nobili origini potesse unirsi ad un poveraccio qualsiasi!). Tant’è vero che il movimento Dionisiaco, a suo tempo, fu represso con maggiore durezza ed efficacia di quello Cristiano. Ed il Cristianesimo ha conservato forti connotazioni Dionisiache (il Vino, lo spirito comunitario ed egualitario, la preghiera ed il canto corali e comuni). Orgia a parte, noi crediamo che il Cristianesimo sia l’Erede diretto dell’antico movimento Dionisiaco……………….
E quindi, soprattutto al di fuori degli ambienti “colti” (come quelli di Dioscoride e Galeno), la Santoreggia, rammentando il suo legame coi Satiri, la sua fioritura tardiva (il Timo fiorisce d’estate, la Santoreggia selvatica protrae la piena fioritura in autunno inoltrato), rammentava il legame con i Saturnali, anche esse feste della Romanità arcaica, corrispondenti al Natale Cristiano, dove anche gli schiavi erano considerati “esseri umani completi”.
E allora chi ne sono i principali beneficiari? Ma i popolani, i contadini, che non potendo avere le ricche spezie di patrizi e nobili, dovevano assumere una delle piante più care al possente Dio della Tracia (peraltro terra di Streghe).

Note
  1. Il termine “travertino” è di origine romana; le prime cave di questa pregiata pietra di quella civiltà si trovano difatti a Tivoli (in latino “Tibur”), quindi era detto “Lapis Tiburtinum”. Con il tempo e la paglia maturano…………….. anche le parole ed è facile che durante il Medio Evo “Tiburtinum” divenga in bocca ai cavatori, ai contadini, ma anche ai dotti “Travertino”.
  2. La Flemma è l’umore mucoso Freddo e Umido, che nasce nello stomaco e poi risale sulla testa e ridiscende nei polmoni, nei reni e nell’intestino. L’intestino è uno dei suoi emuntori prediletti.

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