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venerdì 15 agosto 2014

Alla Settimana del Miele i dati definitivi di un settore da 3,5 miliardi di euro e 50.000 apicoltori

Il clima impazzito fa crollare la produzione di miele italiano. Con un calo del 70% al nord e al sud e del 40% al centro, l'apicoltura italiana (3,5 miliardi di euro, 50.000 apicoltori) è compromessa.
MONTALCINO - VAL D'ORCIA: Il clima impazzito, tra cambiamenti climatici, basse temperature e piogge intense che flagellano il Belpaese, in primavera come in estate, “affatica” anche le api, tanto che il raccolto
di miele italiano rischia di essere seriamente compromesso e disomogeneo per aree. A Nord e a Sud dello Stivale i dati più preoccupanti: l’apicoltura registra una pessima stagione produttiva con percentuali che sfiorano il -70%. Meglio al Centro dove il calo della produzione dovrebbe attestarsi sul -40% (fonte: elaborazione dati MontalcinoNews per la “Settimana del Miele”, Montalcino, 12-14 settembre). Un settore, quello dell’apicoltura italiana, che vale 3,5 miliardi di euro, se si considera il fondamentale servizio di impollinazione che le api forniscono all’agricoltura, ed impiega 50.000 apicoltori, compromesso dal raccolto 2014, che si appresta a registrare i minimi storici sul fronte della produzione. In attesa dei dati definitivi, le speranze degli agricoltori sono rivolte al tempo e all’avvento della bella stagione che tarda ad arrivare.

Nel dettaglio, risultano già penalizzati i raccolti di miele di acacia, di cui la Toscana è tra le pochissime regioni produttrici, di agrumi nelle aree del Sud e, molto negativa, anche la produzione dei millefiori estivi e di mieli provenienti dalle regioni del Nord Italia. Un quadro preoccupante perché l’apicoltura in Italia ha numeri importanti, in cui cresce l’occupazione, soprattutto giovanile, perché la domanda di prodotti apistici cresce più dell’offerta e salgono, di conseguenza, le quotazioni del miele. Un settore “giovane” anche perché per avviare un’attività l’investimento è contenuto: bastano solo 50-70.000 euro per creare un allevamento professionale. Numeri che, nel complesso, fanno dell’apicoltura un settore che vale 70 milioni di euro, impiega 50.000 apicoltori e sfiora quota 1,1 milioni di alveari in tutto il Paese, per una produzione media di 200.000 quintali di miele l’anno.

“L’Italia si conferma uno dei pochi Paesi in cui le api “stanno bene” - spiega Hubert Ciacci, presidente della “Settimana del Miele”, in cui si saprà il bilancio definitivo - anche se, per continuare a svolgere il servizio di impollinazione che offrono all’agricoltura, chiedono maggiore attenzione sull’utilizzo dei prodotti chimici e sulle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici”. Un’attenzione che anche il Presidente degli Stati Uniti, Obama, ha mostrato di avere verso le api, tanto che ha firmato un documento ufficiale che sollecita un provvedimento del Governo federale sulla questione che da qualche anno mette l’ape comune in una posizione di estrema responsabilità nei confronti del futuro dell’umanità. “Quando si parla di api non si parla solo di miele - commenta Ciacci - ma anche di agricoltura e della produzione di tutti quei prodotti che comunemente portiamo sulle nostre tavole, dalle mele alle mandorle, dalle pesche alle pere, dalle melanzane all’uva, dai cetrioli alle fragole, solo per citare alcune delle 71 colture su 100, che provvedono all’alimentazione umana, che vengono impollinate dalle api. Senza le api, agente fondamentale di queste colture, si prospetta uno scenario catastrofico”.

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