Val d'Orcia Holiday
Agriturismi, case vacanza, B&B, SPA, hotel, castelli e ville
X
Italian English French German Japanese Portuguese Russian Spanish
GUSTO AMBIENTE CULTURA EVENTI SOCIETà

Ricettività
Attività
Tour

lunedì 18 aprile 2011

Le Briccole stanno alla Val d’Orcia come un’oasi sta al suo deserto. Breve storia dell' XI STAZIONE della Via Francigena

(di Alessandro Belardi)
Le Briccole sono un complesso poderale con una piccola chiesa romanica intitolata a San Pellegrino e situato in prossimità della strada Cassia a circa un chilometro a sud di Gallina, una piccola frazione del comune di Castiglione d’Orcia.
Abricula è il nome della XI stazione del diario di viaggio di Sigerico, arcivescovo di Canterbury di ritorno da Roma dove si era recato in pellegrinaggio per ricevere il Pallio, o mantello vescovile,
direttamente dalle mani di papa Giovanni VI. È questa una delle relazioni di viaggio lungo la Via Francigena tra le più antiche e più famose, risale al 990 d.C. e descrive con precisione le 79 tappe del suo itinerario*, “submansiones de Roma usque ad mare”. Scendendo da Sancte Peitr in Pail, X stazione, dirigendosi verso la XII, Sancte Quiric, si giungeva all’XI stazione, Abricula, individuabile con le Briccole basse o Briccole di sotto.
E’ proprio l’arrivo alle Briccole già esperienza speciale, esperienza, che come forse lo fu per Sigerico, fa si che questo luogo si presenti come un oasi per riposarsi dalle fatiche del viaggio.
Le Briccole sono un punto di arrivo, una conquista della quiete, ed è la loro posizione e la loro configurazione architettonica e il rigoglio della natura a darne dimostrazione. Le Briccole stanno alla Val d’Orcia forse come un’oasi sta al suo deserto.
Motivi sull’unicità di questo luogo si possono riscontrare in tanti aspetti che poco alla volta si sveleranno all’attenzione del visitatore. Uno di questi aspetti è la posizione delle Briccole all’interno della valle, una posizione di centralità assoluta. Centralità che è sia geometrica che geografica: siamo al centro dell’ideale giro di crinali che descrive il bacino dell’Orcia, ma siamo anche nel fondo di questa vallata, in una ipotetica valvola di scarico di questo lago fossile. E’ questo trovarsi sul fondo del piatto che conferma la centralità delle Briccole rispetto alla Val d’Orcia ed è cosa che fa di questo luogo quello che possiamo chiamare un belvedere alla rovescia.
Lontani dal concetto della veduta, del panorama che da un punto di altura fa perdere l’occhio sulla valle fino all’infinito orizzonte, qui la vista è schiacciata ma dinamica, la vertigine è verso il cielo piuttosto che verso la terra e la sensazione è quella di apertura e luminosità. Un giro a 360° per afferrare gli orizzonti che chiudono questa Valle che ci accoglie.
A conferma di quanto detto è doveroso fare alcune considerazioni sull’intimo legame tra questo luogo ed il suo nome. Riguardo a questo il trattato del Pieri sulla toponomastica della Toscana meridionale dove si legge che il nome Abricula deriva dall’aggettivo latino “apricum”, con il quale si intende designare un luogo solatio. Sul Dizionario etimologico alla voce “aprico” troviamo la seguente descrizione: “ lat. APRICUS, che seguendo di buon grado gli antichi etimologisti, pare congiunto al verbo APERIRE aprire (onde un supposto APERICUS), perché detto di luogo aperto, esposto, cioè ai raggi del sole, solatio, e quindi vago e dilettoso. (cfr. lat. APRICARI prendere il sole). Altri dal gr. A negativo e PHRIKE orrore, perché contrario all’orrido, cioè piacevole, ameno (Osservasi che in Vallone A L’ABRE vale esposto, e che le lingue germaniche hanno ABER esposto al sole, a. a. ted. APON sereno, che sembrano aver parentela colla voce latina) - Secondo il senso più comunemente accettato dicesi di luogo Ameno, difeso dai venti e dal freddo”.
Nel catalogo di una mostra itinerante dedicata a San Francesco di Assisi, nel 19… l’allora assessore alla cultura del comune di San Quirico d’Orcia Achille Andreucci e l’assessore alle Culture dell’Amministrazione Provinciale di Siena Gianni Resti, in un saggio dal titolo “Luce e letizia nella Val d’Orcia”, parlano del legame tra questo toponimo e l’evento miracoloso in cui Francesco riacquistò la vista: “Vogliamo ricordare quel mirabile fatto avvenuto proprio qui in Val d’Orcia: “Le Mistiche Nozze di Francesco con Madonna Povertà” nell’anno 1226. Lo attestano le autorevoli “Fonti Francescane” ed uno splendido pannello del Sassetta, pittore di elettissima maestria che tale evento volle rappresentare, […]. San Quirico vuole rendere omaggio al Santo e ripetere le parole, che Egli udì in questi luoghi, quel saluto grazioso: “Ben venga Madonna Povertà”. Non poteva esserci infatti cosa più gradita e cara al suo cuore.
Terra dunque della Luce la Val d’Orcia, dello spirito, dei rapimenti mistici. Terra veramente eletta e, per usare un’espressione del poeta Luzi “Terra di celeste stella”…..”.
La Comunità Europea ha adottato l’itinerario di Sigerico, giunto a noi in un prezioso manoscritto conservato presso la British Library di Londra, come itinerario ufficiale del Cammino per Roma. La Via Francigena ufficiale è dunque quella documentata da Sigerico nel X secolo.

* « Adventus archiespiscopi nostri Sigeric ad Romam : primitus ad limitem beati Petri apostoli : deinde ad Sanctam Mariarn scolarn Anglorum: ad Sanctum Lauren­tium in craticula : ad Sanctum Valentinum in ponte Molui : ad Sanctam Agnes : ad Sanctum Laurentium foris murum : ad Sanctum Sebastianum : ad Sanctum Anasta­sium : ad Sanctum Paulum : ad Sanctum Bonefatium : ad Sanctam Savinam : ad Sanctam Mariam scolam Graecarn : ad Sanctam Ceciliam : ad Sanctum Crisogo­num : ad Sanctam Mariam Transtyberi : ad Sanctum Pancratium. Deinde reversi sunt in domum. Mane ad Sanctam Mariam rotundam : ad sanctos apostolos : ad Sanctus Johan­nes in Laterane. Inde reficimus cum domini apostolico Johanno : deinde ad Jerusa­lem : ad Sanctam Mariam majorem : ad Sanctum Petrum ad Vincula : ad Sanctum Laurentium ubi corpus ejus assatus fuit. Iste sunt submansiones de Roma usque ad mare. I Urbs Roma. Il Johannis VIIII. III Bacane. IlIl Suteria. V Furcari. VI Sce Valentine. VII Sce Flaviane. VIII Sca Cristina. IX Aquapendente. X Sce Petir in Pail. XI Abricula. XII Sce Quiric. XIII Turreiner. XIV Arbia. XV Seocine. XVI Burgenove. XVII Aelse. XVIII Sce Martin in Fosse. XIX Sce Gemiane. XX Sce Maria Glan. XXI Sce Peter Currant. XXII Sce Dionisii. XXIII Arne Blanca. XXIII Aqua Nigra. XXV Forcri. XXVI Luca. XXVII Campmaior. XXVIII Luna. XXIX Sce Stephane. XXX Aguilla. XXXI Puntremel. XXXII Sce Benedicte. XXXIII Sce Moderanne. XXXIV Phi­lemangenur. XXXV Metane. XXXVI Sce Domnine. XXXVII Floricum. XXXVIII Placentia. XXXIX Sce Andrea. XL Sce Cristine. XLI Pamphica. XLII Tremel. XLIII Vercel. XLIV Sca Agath. XLV Everi. XLVI Publei. XLVII Agusta. XLVIII Sce Remei. XLIX Petrecastel. L Ursiores. LI Sce Maurici. LII Burbulei. LIII Vivaec. LIV Losanna. LV Urba. LVI Antifern. LVII Punterlin. LVIII Nos. LIX Bysiceon. LX Cuscei. LXI Sefui. LXII Grenant. LXIII Oisma. LXIV Blaecuile. LXV Bar. LXVI Breone. LXVII Domaniant. LXVIII Funtaine. LXIX Chateluns. LXX Rems. LXXI Corbunei. LXXII Mundlothuin. LXXIII Martinwaeth. LXXIV Duin. LXXV Atherats. LXXVI Bruwaei. LXXVII Teranburh. LXXVIII Gisne. LXXX Sumeran.»

Ritornando al termine Abricula utilizzato da Sigerico per segnalare le Briccole e gli altri luoghi dove sostò durante il suo viaggio è necessario fare alcune precisazioni. In età tardo antica i viaggiatori romani incontravano lungo i percorsi alberghi e locande di diverso livello. Le mansiones erano strutture fondamentali per chi viaggiava, esercizi ben attrezzati che offrivano oltre a cibi caldi e alloggio, anche altri servizi come lo stallaggio e il cambio dei cavalli. Questi luoghi di sosta generalmente sorgevano presso i centri abitati più importanti ed erano ubicati ad intervalli strategici l’uno dall’altro, tra i 40-50 km, distanze che, all’epoca, era possibile percorrere in un giorno di viaggio e che, naturalmente, potevano aumentare o diminuire in relazione alla scorrevolezza della strada. Non erano però solo queste le strutture di sosta presenti lungo i cammini: a distanze intermedie era infatti possibile incontrare altri alberghi e ostelli, le submansiones appunto, generalmente più piccoli dei precedenti, ma sufficientemente attrezzati e in grado di offrire al viaggiatore i servizi essenziali. Esercizi di minor qualità, ma assai importanti per chi era costretto ad una sosta improvvisa dovuta al peggiorare delle condizioni atmosferiche, a causa d’imprevisti di viaggio o più semplicemente spinti dalla stanchezza.
Senza voler sminuire il ruolo degli xenodochia che limitatamente all’accoglienza di pellegrini e bisognosi ebbero una rilevante importanza lungo la strada ed in particolare nelle vie di pellegrinaggio, certo erano ben altre le strutture di riferimento lungo le grandi direttrici medievali, così come diversi i servizi che i viaggiatori si aspettavano di incontrare. In particolar modo quelle in grado di offrire un alloggio decoroso dove riposare, la possibilità di avere un pasto caldo e di disporre del servizio di stallaggio. Difficilmente, pensando a personaggi di rango come l’arcivescovo Sigerico o la contessa Matilde di Canossa (che vi sostò nel 1079), si può immaginare una loro sosta negli ospedaletti dove il cibo era scarso, mancavano le minime condizioni igieniche e si dormiva arrangiandosi in un unico ambiente. Strutture che evitavano il più possibile anche molti altri viaggiatori come i mercanti, i messaggeri, i prelati di passaggio, i pellegrini più agiati. Più logico pensare che, quando esisteva un’alternativa, molti evitassero tali disagi.
Nel sottovalutare la presenza di alberghi nel territorio ha inciso un’errata interpretazione delle fonti documentarie da parte di alcuni storici che hanno spesso sciolto il termine latino hospitium, cioè albergo, con ospedale indicato invece con la parola hospitalis. Questo equivoco ha portato molte volte a scambiare strutture in cui l’ospitalità era a pagamento con ospedaletti e conseguentemente ad accentuare il ruolo di quest’ultimi tra i servizi d’accoglienza lungo le strade.
Ecco, tra i tanti, un caso particolarmente pertinente al nostro argomento, in cui anche un esperto studioso quale fu Alessandro Lisini è caduto in equivoco. Nel regesto di una pergamena dell’abbazia di Santa Mustiola del dicembre 1449 segnalava, infatti, la stipula di un contratto di locazione da parte del priore dell’Eremo del Vivo dell’ospizio delle Briccole per un anno al senese Angelo d’Amerigo al costo di 60 fiorini. Bella cifra per dedicarsi a una forma di assistenza benefica! In realtà risalendo al documento originale si è visto che l’atto riguardava la locazione dell’ hospitium delle Briccole, cioè dell’albergo di proprietà dell’Eremo del Vivo situato, si specificava, al lato della chiesa di San Pellegrino anch’essa dell’Eremo. Che l’immobile in questione fosse un albergo non ci viene svelato solo dalla terminologia e dal contenuto del contratto, ma trova ulteriori conferme anche da fonti documentarie coeve dove riscontriamo che il locatario, Angelo di Amerigo, era un noto oste e aveva da molti anni in gestione l’albergo delle Briccole insieme ad altri nella zona, a Cinqueponti e a Bagno Vignoni.
Hanno concorso, infine, all’erronea indicazione di ospedaletti là dove invece la fonte indicava alberghi anche altri fattori: la possibile coincidenza dell’ubicazione delle due tipologie di strutture, il fatto che svolgessero attività simili, la proprietà di numerosi hospitia da parte di chiese o enti religiosi.

News

News

Last five