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venerdì 20 giugno 2014

Pasta Panarese

La famiglia Panarese possiede molti terreni in Val d’Orcia, luogo rinomato fin dai tempi antichi per il grano, che qui viene ancora prodotto rispettando le esigenze della terra, con la sapiente pazienza di chi sa aspettare perché non sono i grandi numeri a cui si sta mirando, bensì il raggiungimento di un prodotto d'alta qualità.

CASTIGLIONE D'ORCIA - VAL D'ORCIA: “Mio nonno paterno Luigi, originario di un paese della campagna di Benevento, Sant’Arcangelo Trimonte, venne in Toscana nel 1951 – ci racconta Alessio Panarese - e comprò una piccola azienda agricola nel comune di Montepulciano, mentre la famiglia di mia madre Daniela Grappi erano mezzadri originari di Monticchiello, questo a dire che siamo una famiglia di agricoltori da molte generazioni e abbiamo sempre avuto le mani in pasta nel grano. La storia continua con mio padre Alessandro, classe 1954, la seconda generazione, che arriva a possedere circa mille ettari di terreni in Val d'Orcia coltivati a grano - dall’inizio degli anni Ottanta a oggi abbiamo cercato di investire nella terra tutti i proventi del nostro lavoro ogni anno - e circa duemila pecore: il nostro comparto agricolo si divide infatti fra la produzione di cereali e la produzione di latte destinato alla produzione del Pecorino di Pienza.

Produciamo circa 20mila quintali all’anno di grano, anche perché non tutti i mille ettari vengono coltivati contemporaneamente per rispettare la rotazione delle colture per il riposo ciclico dei campi, ma riusciamo a trasformarne in pasta solo la metà, anche se uno dei nostri obiettivi futuri è la trasformazione dell'intera produzione per chiudere la filiera”. Proprio da questa suggestiva area si ricava una semola di grano duro di ottima qualità con cui, nella giusta ottica della “filiera corta”, viene prodotta la pasta presso il “Pastificio Toscano” in località Gallina, che nasce nel 2003 e viene rilevato dai Panarese nel 2007 con lo scopo di promuovere il prodotto più antico, nonché una tra le eccellenze della Val d’Orcia a cui sono legatissimi: il grano. “Ogni sacchetto di pasta – ci dice Alessio Panarese - racconta di valori radicati nel territorio, di amore per la nostra terra d’origine e del desiderio di continuare a conservare le tradizioni gastronomiche del territorio regalandoci sapori genuini”.

La natura argillosa di buona parte dei terreni e la relativa aridità estiva conferiscono qui al grano duro un alto indice di proteine e una percentuale di glutine superiore al 13%, che donano alla pasta consistenza e gradevolezza al palato. Proprio nel triangolo tra San Quirico d'Orcia, Pienza e Castiglione d’Orcia, località tutte attraversate dall'antica via pellegrinale Francigena, in un territorio incontaminato, viene coltivato questo speciale grano col quale viene prodotta la “Pasta Panarese”, lavorata in maniera antica: la trafilatura al bronzo e l’essiccazione lenta a basse temperature, oltre all’acqua purissima della sorgente naturale del Vivo d'Orcia sul Monte Amiata, che sgorga a mille metri d'altezza, totalmente priva di calcio, sono le caratteristiche tradizionali che la rendono uno dei prodotti d'eccellenza della gastronomia senese.

La trafilatura al bronzo conferisce alla pasta l'aspetto poroso che consente una maggior penetrazione dell'acqua di cottura e una miglior presa ai sughi.
L'essiccazione lenta a bassa temperatura (dalle 10 alle 36 ore con temperature inferiori a 50° C) permette il mantenimento pressoché inalterato delle caratteristiche organolettiche, proteiche e di gusto degli amidi e del glutine, senza provocare una precottura e una "evaporazione" delle componenti nutritive, a differenza della tecnologia industriale che, con altissime temperature, fino 110° C e per poco tempo, massimo due ore, produce un prodotto uniforme per colore, di scarso sapore e con una superficie cosiddetta “ceramizzata”, che impedisce cioè una buona penetrazione dell'acqua nella fase di cottura. Incastonato tra le dolci colline del parco artistico, naturale e culturale della Val d’Orcia, dichiarato “Patrimonio Mondiale dell'Umanità” dall'Unesco, il “Pastificio Toscano” è l’unica azienda italiana che può vantare e certificare che tutta la pasta prodotta utilizza esclusivamente semola di grano duro proveniente dai propri campi, un controllo costante sulla filiera produttiva che parte dalla scelta del seme e prosegue fino al prodotto finito, passando per la molitura del grano.

I 23 formati - dai più classici, a quelli legati alla tradizione del territorio, fino ad arrivare a forme più sfiziose: penne rigate, mezze maniche, rigatoni, paccheri rigati, pici, tortiglioni, sedanini rigati, tagliatelle all'uovo, paccheri lisci, pennoni, fusilli, mezze penne, pappardelle all'uovo, tagliatelle senza uova, pappardelle senza uovo, conchiglie, gigli, calamarata, linguine senza uova, spaghetti alla chitarra, penne lisce, tubetti rigati e spaghetti dell'Orcia  - sono tutti lavorati in modo artigianale, infatti, come una volta, il processo d'essiccamento avviene su stuoini di legno e per la pasta lunga l’imbustamento è fatto ancora a mano per non danneggiare il formato. Decisamente un prodotto di nicchia con una produzione che non supera i cinquanta quintali al giorno, che, pur essendo una quantità minima, se rapportata ad altri grandi nomi nazionali, rimane pur sempre una produzione quantitativamente rispettabile. E la “Pasta Panarese” è esportata e apprezzata in tutto il mondo: “Per questo voglio parlare della pasta simbolo della tavola senese, che è anche uno dei nostri prodotti di punta, i pici, gli antenati degli spaghetti, famosi a livello internazionale.

È una pasta che ha radici profonde nella storia e rappresenta un alimento di grande interesse fin dai tempi degli Etruschi. I pici racchiudono profumi e sapori contadini e, a differenza degli spaghetti, sono grossolani e irregolari con un diametro mai inferiore ai tre millimetri. È una pasta che ha sempre più successo per la sorprendente consistenza che mantiene dopo la cottura e per la gran capacità di presa ai sughi, grazie al suo aspetto rugoso. 
I pici sono straordinari col ragù toscano, col sugo di carne di selvaggina (cinghiale e lepre, ad esempio), coi funghi porcini oppure secondo l’antica tradizione: con salsa di pomodoro, olio extravergine d'oliva e aglio, detti “all’aglione”, ingredienti che richiamano le assolate campagne toscane. Questa pasta la dedichiamo non solo ai buongustai, ma anche a coloro che sanno riconoscere e apprezzare i valori veri – conclude Alessio Panarese - quelli che ci legano alla terra, alle tradizioni e alla cultura di cui siamo parte. Dentro ogni nostro prodotto ci sono tutti i valori in cui crediamo e ai quali facciamo riferimento nel lavoro di ogni giorno”.

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