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lunedì 21 ottobre 2013

Il Bravìo. Breve nota etimologica

di Raffaele Giannetti        
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°11)
Riportiamo la definizione del termine bravìo che si legge nel vocabolario Treccani:
bravìo s. m. [dal lat. tardo bravīum, e questo dal gr. βραβεον, con lo stesso sign. della voce ital.]. – Termine equivalente a palio, cioè premio della
vittoria, che nella forma greca e latina è presente, tra l’altro, due volte in san Paolo (Lett. ai Corinzî, I, 24, e Lett. ai Filippesi, 14), e successivamente ripreso da Dante nel libro II, cap. 7, del trattato De Monarchia: «sicut fit per pugnam athletarum currentium ad bravium». Non più attestato in testi letterarî italiani dei secoli successivi, è stato ripreso, dal 1974, nella tradizione popolare di Montepulciano, dove si organizza annualmente nell’ultima domenica di agosto, festa del patrono s. Giovanni Decollato, il bravio delle botti, una gara di sveltezza e di resistenza cui prendono parte le otto Contrade cittadine, e che consiste nel far rotolare una botte risalendo il paese fino ad arrivare in Piazza Grande; la Contrada vincitrice riceve in premio un palio, detto anch’esso bravio.

Il bravìo, intendendo il termine e non la manifestazione, è già attestato a Montepulciano negli Scritti spirituali di Roberto Bellarmino[1]. Il che conferma la presenza del termine soprattutto negli ambienti religiosi, in particolar modo in quelli della Societas Iesu. Non è privo di rilevanza che sia stato san Paolo a utilizzarlo e a diffonderlo nel mondo occidentale. Ecco le testimonianze paoline: «Nescitis quod ii, qui in stadio currunt, omnes quidem currunt, sed unus accipit bravium?» (1 Cor. 9, 24); «ad bravium supernae vocationis Dei in Christo» (Fl. 3, 14)[2].
Il bravium di san Paolo significa, in entrambi i passi citati (la prima lettera ai Corinzî e quella ai Filippesi, scritte subito dopo la meta del I sec. d.C.), ‘premio della vittoria’.
Il termine bravium (che si legge anche come brabeum o brabium), diffuso evidentemente nel mondo cristiano anche attraverso la parola apostolica, proviene dal mondo greco che lo chiama brabéion ‘premio’, connesso con brabéus ‘arbitro, giudice’ (brabéia significa ‘giudizio arbitrale’ e il verbo brabéuo ‘sono arbitro o giudice, assegno il premio della vittoria’).
Quanto alla forma brabium che vediamo comparire accanto a bravium, essa viene corretta dal grammatico al punto 44 della cosiddetta Appendix Probi: «bravium non brabium»[3].
Possiamo credere che la predilezione per il termine da parte degli scrittori religiosi debba essere attribuito al suo valore originario – quello di ‘premio derivante da un giudizio’ – che lo distingue dal sinonimo, più modesto sotto il profilo etimologico, di palio come ‘mantello, panno, cencio’.
Il bravìo è connesso con i giochi circensi e richiama, da un lato, la società del I sec. d.C., dall’altro, la lingua metaforica ed esemplare degli umili[4].
Il termine è stato, infine, erroneamente connesso con l’aggettivo bravo e affini[5]. Si deve riconoscere che la somiglianza è soltanto casuale, dal momento che l’aggettivo bravo – soprattutto tramite la bravata, la braveria e i bravi – è riconducibile al latino pravus (nonostante le incertezze dei dizionari) che significa ‘perverso, cattivo’ e ‘spavaldo’[6].



Bibliografia e sitografia

Amati: Giacinto Amati, Ricerche storico-critico-scientifiche sulle origini, scoperte, invenzioni e perfezionamenti fatti nelle lettere, nelle arti e nelle scienze, III, Milano 1829, p. 296.
Bellarmino: Roberto Bellarmino, Scritti spirituali (1615-1628): Elevarsi interiormente a Dio. Il Paradiso, Brescia 1997.
Battaglia: S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, UTET, 1994-.
Bianconi: Giovanni (Gian) Lodovico Bianconi, Descrizione de’ circhi particolarmente di quello di Caracalla e dei giuochi in essi celebrati, in Opere, IV, Milano 1802.
Bisanti: A. Bisanti, Introduzione allo studio della lingua e della letteratura latina medievale. Appunti delle lezioni del corso di Letteratura latina medievale. Modulo 1, Università degli Studi di Palermo - Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Beni Demo-Etno-Antropologici. Anno accademico 2007-2008 - Secondo semestre.
Bolza: Giovanni B. Bolza, Vocabolario genetico-etimologico della lingua italiana, Vienna 1852, alla voce «Brabeum».
Consoli: Domenico Consoli, Enciclopedia Dantesca, Roma 1970, alla voce «palio».
Cortelazzo & Zolli: M. Cortelazzo & P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, 5 voll. Bologna, Zanichelli, 1979-1988.
Giorgi: Dominici Georgii Historia diplomatica Cathedrae Episcopalis civitatis Setiae, Roma 1751. Girolamo, Ep. 49,14, vol. II, pp. 138-139.
Paolo: Lettere di Paolo, in La Bibbia concordata. Nuovo Testamento, a cura della Società Biblica di Ravenna, Milano 1982.
Rocci: L. Rocci, Dizionario Greco-Italiano, Milano 1954.
Vocabolario Treccani: Treccani.it L’enciclopedia italiana. Vocabolario on line, alla voce «bravio».




[1] Roberto Bellarmino, Scritti spirituali (1615-1628), Brescia 1997, pp. 838, 844.
[2] «Non sapete voi che quelli che corrono nello stadio corrono bensì tutti, ma uno solo ottiene il premio?»; «per ottenere il premio della chiamata superna di Dio in Cristo Gesù» (trad. a cura della Società Biblica di Ravenna, Milano 1982, pp. 434, 537).
[3] «Appendix Probi, così chiamata perché si legge, in un manoscritto di Vienna ivi pervenuto dalla biblioteca di Bobbio, in appendice agli Instituta artium di Valerio Probo, celebre grammatico latino del I secolo d.C. L’Appendix, redatta da un anonimo verso la fine del III secolo d.C., probabilmente ai tempi dell’imperatore Diocleziano, è costituita da alcuni opuscoli grammaticali, il terzo dei quali (che è quello che qui ci interessa) è una specie di antibarbarus: in esso evidentemente il maestro, per correggere errori di varia natura, elenca ben 227 parole o forme classiche, che si debbono sostituire alle corrispondenti parole o forme di latino volgare correnti nell’uso, riguardanti soprattutto l’ortografia e la pronuncia, la morfologia e il lessico. In parecchi dei termini condannati dal maestro, come si vedrà, la seconda forma (quella, cioè, da scartare) risulta molto vicina a quella che si fisserà nelle lingue romanze e, talvolta, risulta addirittura identica alla stessa forma definitiva neolatina» (A. Bisanti, Introduzione allo studio della lingua e della letteratura latina medievale. Appunti delle lezioni del corso di Letteratura latina medievale, p. 8).
[4] Interessante leggere le disposizioni per l’attribuzione del bravìo in Historia diplomatica Cathedrae Episcopalis civitatis Setiae. Qui, l’autore, Domenico Giorgi, nel proporre i giochi per la festa di San Lidano (e Pietro e Marcellino), si dilunga su alcuni particolari della gara, ovvero sulla possibilità di partecipare montando un cavallo o correndo a piedi, sui premi da attribuire misurati in canne di panno di Camerino o altri di ugual valore; sulla proibizione a scavalcare la fune tenuta dai residenti nel rispetto del segnale dato dal Podestà: «omni anno in perpetuum, in festivitatibus Sanctorum Lidani, Petri et Marcellini curratur bravium Equitum, & Peditum ab omnibus, currere volentibus…: & Eques, qui antecesserit habeat bravium, videlicet unam cannam cum dimidio. Pedes autem similiter antecedens, unam cannam panni Camerini, vel alterius generis, ejusdem tantum, vel similis valoris. Et quilibet tam Eques quam Pedes volens currere, stare debeat retro funem, a residentibus tenendum, curratque ad signum, dandum per Dominum Potestatem ac se scribi faciat in primis: alias non consequatur bravium, etiamsi antecesserit» (p. 301).
[5] Come fa Bianconi, nella sua Descrizione de’ circhi, stampata a Milano nel 1802, p. 316. Anche Bolza, cinquant’anni dopo, nel suo Vocabolario genetico-etimologico della lingua italiana, tratta del brabium o bravium come un premio «onde il nostro gridar: bravo! nei teatri» e lo connette, quindi, con bravata, bravura, braveria e con i bravi di manzoniana memoria (alla voce «Brabeum», p. 101 coll. a e b).
[6] Cortelazzo & Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, I, alla voce «bràvo».

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