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giovedì 20 dicembre 2012

Siena riscopre gli antichi vitigni dentro le mura

di Andrea Cappelli         
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°8)
Siena riscopre gli antichi vitigni dentro le mura, recuperando le vecchie viti che fin dall’antichità venivano coltivate all’interno della città: un progetto voluto dal Comune di Siena, Provincia di Siena, Camera di Commercio, Università degli Studi di Siena e dall’Associazione Nazionale Città del Vino,
importante non solo per la Città del Palio, ma per tutto il mondo enologico nazionale, un’idea per riscoprire gli antichi vitigni coltivati anche dentro la cerchia muraria con l’obiettivo di reimpiantarli e coltivarli secondo le antiche tecniche colturali. “Senarum Vinea” ha permesso di riscoprire ceppi centenari di vitigni autoctoni/minori sopravvissuti fino a oggi, ma a lungo dimenticati: la campionatura e le analisi ampelografiche e genetiche hanno consentito di realizzare un primo parziale censimento (41 sono i campioni recuperati su un totale di 10 siti visitati) della matrice storica del patrimonio viticolo della città di Siena. Sono stati individuati 20 vitigni, di cui 10 identificati e già segnalati come varietà minori rare e ad alto rischio di estinzione nella banca dati del Germoplasma Autoctono Toscano: Gorgottesco (podere La Vigna-strada di Certosa di Maggiano, convento di San Domenico e podere Ponticini-strada di Busseto), Tenerone (strada Cassia Sud), Salamanna (Orto de’ Pecci, convento San Domenico, podere La Vigna-strada di Certosa di Maggiano), Occhio di Pernice (istituto San Girolamo), Prugnolo Gentile (podere Badalucco-Porta San Marco), Procanico (strada del Linaiolo), Sangiovese piccolo precoce (strada di Istieto), Rossone (Orto de’ Pecci), Mammolo (strada di Istieto, strada Cassia Sud) e Moscatello nero (podere La Vigna-strada di Certosa di Maggiano); altri dieci campioni, invece, non hanno restituito, allo stato attuale, significative omologie con i vitigni inseriti per il confronto genetico. “Senarum Vinea - Le Vigne di Siena” è stato già oggetto di un libro “Senarum Vinea. Il paesaggio urbano di Siena. Forme di recupero e valorizzazione dei vitigni storici”, che raccoglie i risultati del progetto. Il libro non vuole essere un punto di arrivo, ma solo l’inizio di un proficuo sviluppo iniziato con la messa a dimora delle prime barbatelle all’Orto dei Pecci, nel centro cittadino a due passi dal Palazzo Comunale di Siena. L’anno prossimo l’Istituto Agrario di Siena offrirà la disponibilità ad accogliere il campo del germoplasma e a partecipare alle fasi di microvinificazione; la Cooperativa sociale onlus “La Proposta” metterà a disposizione il campo di conservazione per accogliere i vitigni antichi e l’Azienda Castel di Pugna, individuata come azienda pilota e custode, destinerà un lotto dei propri terreni per la messa a coltura dei vitigni selezionati e la produzione del futuro vino di Siena. “Enoteca Italiana – spiega il conte Luigi Alberto Fumi Cambi Gado, titolare dell’azienda vitivinicola Castel Di Pugna, azienda storica ubicata interamente nel Comune di Siena e consigliere anziano di Enoteca Italiana – avrà in futuro il delicato compito di interagire cogli altri enti coinvolti nel progetto e coi produttori per la promozione del vino della città di Siena. Ricordo che grazie all’intuizione dei vari amministratori che si sono succeduti all’Ente Mostra Vini, Enoteca Italiana da sempre è stata un incubatore, dal quale sono nate grandi istituzioni, tra cui la stessa Città del Vino. Sta per nascere un’associazione per tutelare le eccellenze vitivinicole di Siena in cui Enoteca Italiana sarà presente insieme agli altri soggetti. L’obiettivo è quello di produrre vini autoctoni, che abbiano un forte legame identitario col territorio, coinvolgendo cultura, enogastronomia e turismo, gli autentici gioielli di Siena”. “Il lavoro sui vigneti urbani di Siena è encomiabile perché dimostra la volontà di identificare e valorizzare il patrimonio senese - conclude Donatella Cinelli Colombini, vicepresidente di Enoteca Italiana - vale la pena di svilupparlo fino alla creazione di un vitarium e alla produzione di un vino facendo un’operazione di “restauro” del patrimonio viticolo simile a quella che viene fatta per le opere d’arte o per i resti archeologici. Sono anche convinta che i vini ottenuti dai vitigni autoctoni senesi possono trovare un mercato nei visitatori che arrivano a Siena (circa 4milioni di unità all’anno) e che, tramite questo vino, come tramite l’assaggio dei salumi di cinta senese, possono gustare una testimonianza storica di questo territorio. Bisogna invece distingue l’‘archeologia viticola’ dalla ricerca enologica finalizzata alla produzione di vini di alta qualità. Non tutti i vitigni autoctoni hanno infatti vocazione qualitativa. Alcuni di questi potrebbero avere un’uva poco adatta a dare vini d’eccellenza perché ha acini grandi e un rapporto polpa buccia decisamente sfavorevole”.

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