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lunedì 18 aprile 2011

la querciola a Montisi e Pienza,
fra pratiche e usanze del passato

(Estratto da Erbe di Val d'Orcia, di Augusto de Bellis - 1988, Editori del Grifo)
A volte sono i personaggi più stravaganti che raccontano le usanze del passato, come quello che un giorno, chi sa per quale coincidenza, non avendo voglia di inveire, come al solito, per una certa pensione di guerra che non arrivava mai, dimenticate per un attimo le rane, benché scettico sulla teoria della loro metamorfosi, raccontava del larghissimo uso che la gente faceva una volta, della vecchia
malva e delle “orecchie di lepre” per tutti i tipi di infiammazione. Peccato che ogni volta che gli ho chiesto qualcosa di più sui vecchi rimedi finiva per raccontarmi per l’ennesima volta come faceva a prendere i cinghiali con una dozzina di castagne ed un innesco per esplosivi.
Una riflessione, però, è d’obbligo nel constatare come, per le comuni infiammazioni, dalle parti di Montisi, che non dista molto da Pienza, al posto delle orecchie di lepre, che è il nome della piantaggine o meglio Plantago lanceolata L., della famiglia delle Plantaginacee, usino ancora oggi “la querciola”.
Il nome di querciola, cioè piccola querce, non deve trarre in inganno in quanto, in effetti, si tratta di una pianticella erbacea molto bassa, che prende quel nome solo perché le sue foglie ricordano, in proporzioni molto ridotte, quelle della querce; del resto, quelle della Piantaggine, ricordano le orecchie di una lepre, da cui il nome.
E si che la querciola, cioè il Teucrium Chamaedrys L., della famiglia delle Labiate, è molto conosciuta anche nel pientino; basti pensare che con il suo succo mescolato all’aceto ed i “porcellini indiani”, alcuni pientini, che ora non sono più ragazzi e qualcuno è addottorato, catturavano i pesci nei fiumi con estrema facilità grazie al potere di quell’intruglio di far scoppiare la vescica natatoria dei poveri animali.

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