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giovedì 16 dicembre 2010

LA DIFFERENZA TRA SPERANZA E VOLONTA'


di Silvana Biasutti

Mentre sulle pagine di settimanali e quotidiani va in onda un inno alla ruralità, alla vita in campagna, al cibo naturale e al paesaggio, a uno stile di vita più consono a questi nuovi tempi che stiamo attraversando, mi pare che i soggetti che potrebbero avvantaggiarsi di questa tendenza, o profezia che dir si voglia, stentino a capire che sono di fronte a una nuova opportunità.
Vi ricordate del Mulino Bianco? Di certo se ne ricordano i più vecchi; a suo tempo ha introdotto nell’immaginario di milioni di cittadini il concetto di ‘campagna’; l’ha fatto in tempi in cui la
campagna non si usava, dalle nostre parti, e anche la Toscana – che in anni seguenti avrebbe contribuito a ‘sdoganare’ campagna e stili rurali a livello di massa – allora non era ancora consapevole di sé stessa e dei valori di cui era portatrice.
Il Mulino Bianco rappresentava un mondo rurale oleografico, opportunamente intonacato e cinematografico (anzi, televisivo!), in tempi in cui i vissuti che riguardavano quel contesto erano legati a un senso di marginalità, di vita di seconda mano, di miseria e di assenza totale di comfort. Il marchio della nuova linea di prodotti ‘da forno’ della Barilla era stato creato per affrontare una fase industriale nuova, ma invece si era rivelato strategico, guadagnando velocemente l’approvazione del pubblico televisivo, in tempi in cui la pubblicità non era ancora invadente. Negli spot dei prodotti il telespettatore poteva incontrare una ‘campagna’ opportunamente edulcorata, ad uso di cittadini che non amavano sporcarsi le scarpe…

Bene, quelli erano altri tempi, più spensierati di quelli attuali; una stagione in cui si guardava con speranza e ottimismo alla crescita, concetto a cui guardiamo invece oggi con preoccupazione – un po’ perché ci chiediamo se sia corretto sperarla, un altro po’ perché la riteniamo utopistica nell’attuale situazione –.

Con un viaggio ideale, durato decenni, ‘quelli di città’, delle città del triangolo industriale, hanno capito che il cibo non era (solo) una cosa imballata ed etichettata, ma è un dono che viene dalla terra, proprio da quella terra considerata – sulla scorta di un passato di miserie, analfabetismo, emarginazione – una cosa che sporca; quelli di città hanno gradualmente cominciato ad apprezzare l’olio d’oliva (mentre l’albero che ce lo dà ha acquisito un forte valore simbolico). Dopo le vacanze in montagna e al mare (un tempo unici siti immaginati come luogo di ferie soprattutto estive), si è poco a poco riscoperta la vacanza in campagna, con altri punti d’attenzione: il paesaggio soprattutto.
È impossibile condensare in una pagina l’insieme di fenomeni – sociali, economici e naturali – che hanno spinto il rilancio della campagna; difficile condensare le fasi (importanti) che li hanno mossi. Quelli su cui è indispensabile soffermarsi sono questi ultimi anni in cui, mentre il mito della Toscana si è andato un po’ attenuando, la prima fase della globalizzazione e la successiva (e conseguente) crisi, hanno accentuato l’attenzione internazionale sulla ruralità (dove le condizioni di migliore vivibilità sono evidenti) e stanno riproponendoci il ‘sogno della Toscana’ in un’accezione più veritiera, meno stilizzata e più vicina alla realtà della vita vissuta. Non più uno stereotipo di campagna, ma un luogo in cui vivere sempre, oppure andare a fare vacanza: un luogo vero, non uno scenario da fotografare.
Perché dietro a questo nuovo modo, c’è una consapevolezza che si è fatta strada nella quotidianità della gente: la terra sta diventando un bene scarso, la terra è anche insidiata dall’inquinamento che le infliggiamo continuamente. Ed ecco che un territorio sano, in cui gli abitanti riescono a vivere senza soffocare (o annientare) le qualità e le bellezze di paesaggio e ambiente; una terra ricca di testimonianze artistiche lasciate da chi ha vissuto prima di noi; un luogo cantato da poeti e musicisti, da uomini di mondo e artisti che lo hanno visitato: un sito che assomma in sé tutti questi connotati non può che essere prezioso. Noi che ci abitiamo, proteggiamolo dalla barbarie e dalla stupidità.

Sono passati alcuni decenni e il nostro pensiero sulla campagna e sulla vita che essa può offrire a chi vi abita è passato da varie fasi, alcune di esse profondamente influenzate da milioni di week end in Toscana trascorsi dai cittadini del nord Italia (e da un congruo numero di stranieri). Al concetto di campagna – di una campagna in cui stare con piacere anche edonistico – ci siamo avvicinati anche entrando in Europa, a contatto con stili di vita e di pensiero diversi dai nostri e parallelamente evolvendo i nostri modi di vivere, vestirsi, mangiare e, infine, pensare.

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