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lunedì 9 maggio 2016

Perché si dice che Maggio è il mese della Madonna e delle rose

Perché si dice che maggio è il mese della Madonna? Perché da sempre è il mese delle dichiarazioni d’amore: l’amore sboccia, si dice.
Appendere un ramo fiorito (detto “maggio”) sulla porta della fanciulla amata voleva dire insieme sei bella come un fiore e il mio cuore è fiorito per te. Basta col gelo dell’inverno.

Non sono un legno (o il legno) che credi. Dei fiori di maggio il più bello è la rosa, che fino a qualche tempo fa – diversamente da oggi – sbocciava solo in quel mese. Non esistevano gli ibridi rifiorenti. Tanto più prezioso, dunque, il suo splendore. Questo per quel che riguarda il clima e la tradizione popolare. Che è solo un versante del perché, l'altro è dato dal fatto che attorno al Duecento cominciò a svilupparsi nell’Europa cristiana il senso dell’onore dovuto alle donne, fino a pochi secoli prima – quando i barbari scorrazzavano per il continente – tenute in conto di “riposo del guerriero”, quando andava bene. Ogni cavaliere prese dunque a farsi un punto d’onore di difendere una donzella dalla dilagante rapina. La donzella più bella di tutte era, ovviamente, Maria, come la rosa era il fiore più splendente del creato. Il primo a mettere per iscritto e in musica questo concetto fu il Re di Castiglia y Leon Alfonso X el Sabio (il Saggio), morto 1284, in una delle sua Cantigas de Santa Maria. A questo punto si capisce che non è solo un gioco di parole quello che ci porta a ricordare che in onore della Madonna fiorirono le cattedrali gotiche, tutte più o meno dedicate a Nôtre Dame, cioè a lei, la Nostra Signora: pilastri come lunghi steli, vetrate e rosoni colorati come corolle. Santi che ne fecero oggetto d’amore sublime, come Bernardo da Chiaravalle: Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio, umile e alta ecc... Dunque maggio è il mese dell’amore e delle rose e Maria è la rosa per eccellenza, la più amata fra le donne. Ma non basta, perché in quei tempi gotici erano ancor più fantasiosi nel trovar motivo di corrispondenze amorose... La più bella delle quali è certamente il ciclo di fioritura della rosa canina, la piccola rosa selvatica, che fa tutte quelle bacche rosse prima di fiorire. Si chiamano “cinorrodi” e servono magnificamente a farne rosari, la devozione mariana prediletta dai domenicani. Se li si aprono, con l’unghia o con un coltellino, dentro sono pieni di semini bianchi dai quali, opportunamente conservati nella sabbia, nasceranno altre piante l’anno successivo. Vuol dire che Maria contiene nel suo seno l’umanità intera. Ce ne sarebbe a sufficienza per definire il legame fra il mese delle rose e la più bella fra le belle, ma, dato che gli uomini sono piuttosto inclini a non sublimare, mentre nelle chiese si cantavano le lodi di Maria, fuori si continuava a pensare a fanciulle forse più bruttine, ma più concretamente praticabili.
Scriveva due secoli dopo Alfonso il Poliziano per gli amici della corte di Lorenzo il Magnifico: Ben venga maggio / e ‘l gonfalon selvaggio! / Ben venga primavera, /che vuol l’uom s’innamori: / e voi, donzelle, a schiera / con li vostri amadori, / che di rose e di fiori, / vi fate belle il maggio, / venite alla frescura / delli verdi arbuscelli. / Ogni bella è sicura … Non si sapeva bene di cosa dovesse essere sicura, la bella, con tutti quei virgulti nei pressi. E allora ecco altri santi – e in cima a tutti il meraviglioso Filippo Neri – a inventarsi mille modi per far capire che l’uomo, se vuol esser davvero uomo, non deve mai accontentarsi di nulla di meno che della perfezione. Da qui altre canzoni una più bella dell’altra e feste dentro e fuori le chiese da rimaner storditi di bellezza. Non di profumo perché a quel tempo non si conoscevano ancora le rose inglesi. Comunque una festa meravigliosa che durava tutto il mese. Quasi un secolo dopo la morte del santo, nel 1677, i domenicani di San Domenico di Fiesole – il convento che aveva accolto a suo tempo la vocazione del Beato Angelico – pensarono di dar luogo a una specie di confraternita il cui nome dura tutt’oggi nel linguaggio popolare: la Comunella. “Essendo giunte le feste di Maggio - riferisce un documento nell’archivio del convento - e sentendo noi il giorno avanti molti secolari (laici, persone non consacrate) che incominciavano a cantar maggio e far festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo cantare anche noi alla santissima Vergine Maria perché non era dovere (non lo aveva ordinato il medico) che noi ci lasciassimo superare dai secolari. Si incominciò col Calendimaggio, poi si aggiunsero le domeniche e infine tutti i giorni del mese”. In breve: noi ce l’abbiamo più bella delle vostre. E così siamo qui. Pieni di canti, di storie e di rose, a sognare ancora una volta, almeno per un mese, Maria.

Roberto Cappelli

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