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venerdì 9 ottobre 2015

Elicicoltura: una concreta opportunità di lavoro? Scopriamolo, in viaggio da Cherasco a Castelnuovo Berardenga

Mentre la crescita economica fatica a ripartire le lumache sembrano andare fortissimo. E non sto parlando della lumaca da corsa della DreamWorks, ma dell'elicicoltura, capace di attrarre ogni anno l'interesse di migliaia di persone con numeri da capogiro. L'ennesimo prodigio della comunicazione, o una concreta opportunità di lavoro?

Premessa — Nella moderna società digitale, della globalizzazione e degli eco - incentivi può capitare, seppur raramente, che la comunicazione inciampi a causa dell'informazione e che il proprietario di una vecchia Panda (non dico quella dell'80, perché l'auto d'epoca è cool, diciamo quella del restyling dell'86) possa sentirsi tutto ad un tratto un po' meno in colpa dell'inquinamento terrestre, del cambiamento climatico, o dello scioglimento dei ghiacciai al Polo Nord, per non parlare di quel suo modo di non sprecare – da micragna – come forse gli sarà capitato di sentirsi dire, quando, sfogliando il giornale, legge della bufera che ha scoperchiato la truffa della Volkswagen. Un breve e intenso sospiro di sollievo, perché da che tempo è tempo la nave va dove il vento tira e allora chissà con quale "trovata" quelli di Wolfsburgne ne usciranno fuori, ovviamente sempre nel rispetto dell'ambiente e del consumatore.
Ma cosa centrano adesso il proprietario di una vecchia Panda e il software truffaldino montato dalla Volkswagen con l'elicicoltura? – direte voi – Apparentemente niente, ma da quando è possibile rottamare le persone (magari in cambio di incentivi tutt'altro che eco) e che le lumache vadano "fortissimo", non c'è da stupirsi se, prodigio della comunicazione, le parole e le persone si incontrino per strade inspiegabili o che uno come me esca per andare in ufficio a Chianciano ritrovandosi in viaggio per Cherasco. Ma andiamo per ordine.

Cherasco — Cherasco non è un luogo di pellegrinaggio, ma la capitale italiana della lumaca, sede dell'Istituto internazionale di elicicoltura (considerato la massima autorità in campo internazionale del settore) e, per le vie del centro, verso la fine di settembre di ogni anno, si svolge l'Incontro internazionale di elicicoltura, quest'anno il 44°, oltre che l'immancabile Festival della lumaca in cucina. Quanto entusiasmo! Nel 2014 a migliaia hanno deciso di buttarsi a capofitto nell'elicicoltura, alla segreteria dell'Istituto ci dicono che ogni giorno ricevono 200/250 richieste d'informazione, mentre al convegno c'erano delegazioni provenienti persino da Giappone, Corea, Asia, addirittura dall'Australia.
Giovanni Avagnina, direttore e fondatore dell'Istituto dal 1972, spiega ai presenti come questo straordinario interesse sia causato da un certo affollamento televisivo sull'argomento e in particolare da certe "sparate" sulla redditività per mq di allevamento apparse qua e là su internet, dove sempre più spesso vengono offerte consulenze a pagamento, invitando tutti i presenti a stare calmi: «perché i risultati in questo campo – come ribadisce alla fine del suo discorso – si ottengono soltanto con la pazienza e la perseveranza».
"Sparate un par de ciufoli" direbbero a Roma, visto che negli interventi successivi i numeri che ci mostrano sono più che incoraggianti: negli ultimi 10 anni il prodotto alimentare della chiocciola ha registrato un costante incremento, anche del 10% sull'anno precedente, per un giro d'affari che in Italia ha raggiunto i 90 milioni di euro di fatturato annuo. Se poi si considera che soltanto nel nostro paese la produzione non copre neppure la metà della richiesta del mercato (le importazioni nel 2010 sono state superiori alle 24.000 tonnellate) e che a partire del secondo anno di produzione un impianto di un ettaro, stando al conto economico che ci consegnano all'ingresso, guadagna 21.100 euro e dal terzo 23.500 euro (senza contare che lavorandoci per conto proprio finirebbero in tasca anche le spese di mano d'opera, stimate intorno ai 15.000 euro) mi viene da pensare che la spinta di tanto interesse parta proprio da questa sala.
E infatti una volta tornato a casa sono andato subito da mio suocero per chiedergli se era disposto a farmi lavorare mezz'ettaro di terra (tanto per cominciare), quindi ne ho raccolto vari campioni indicando su ciascun imbustamento la particella catastale di provenienza e infine li ho spediti all'Istituto internazionale di elicicoltura. Tutto gratis! E che servizio! Nel giro di pochi giorni da Cherasco mi inviano una graziosa cartellina contenente l'analisi della terra, il progetto dell'impianto, il programma delle lavorazioni, l'analisi dell'investimento finanziario, lo schema dei costi di gestione, il calcolo della produzione lorda vendibile, il preventivo di ciascun materiale per l'allestimento dell'impianto e delle chiocciole da immettere nell'allevamento acquistabili presso l'Istituto e, non ultimo, la disponibilità a riacquistare la nostra produzione di chiocciole.

E adesso la parola agli allevatori — A un passo dalla meta, PRIMA DI CAVARE 17.000 EURO, ho deciso di fare un ultimo sforzo, sai com'è. E così mi sono messo a cercare qualche allevatore della zona per andarci a fare due chiacchiere ... Ma, ahimè, senza trarne niente di incoraggiante. Come è possibile? – ricordo di aver pensato – Se a Cherasco consegnano le Lumache d'oro alle migliori aziende elicicole vuol dire che possono funzionare e poi al convegno, durante le premiazioni, gli allevatori parlavano dei loro successi. Può darsi che non abbiano seguito le indicazioni dell'Istituto, oppure non me la raccontano giusta, avranno paura della concorrenza! Fatto sta che l'ago della bilancia si era messo ad oscillare e prima di prendere la mia decisione dovevo parlare con qualcun'altro, ma chi poteva aiutarmi a fare la scelta giusta? Tempo addietro avevo letto di un avvocato argentino che, trasferitosi nel senese, aveva appeso la toga al chiodo per dedicarsi a tempo pieno alle chiocciole: ROBERTO BREDICE.
La storia di Roberto è davvero avvincente. 57 anni, allegro, vulcanico, è nato in Argentina da genitori italiani e si è laureato in giurisprudenza sia in Sudamerica che nel nostro paese. Dopo avere esercitato la professione forense in Argentina e «trovato ostacoli insormontabili per entrare nell'Ordine italiano», prima ha fatto il pilota di mongolfiere e poi, nel 2009, ha deciso di seguire la sua grande passione per la terra avviando a Pianella (Castelnuovo Berardenga), con il socio Emanuel Patacchini, La chiocciola del Chianti: mezz'ettaro di allevamento biologico di lumache a ciclo completo. I due soci sono pionieri in Toscana e la loro attività è frutto oltre che di un considerevole investimento di tempo e denaro anche della stretta collaborazione con l'Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco e con l'Associazione nazionale Elicicoltori (A.N.E.). Il loro mezz'ettaro non è mai riuscito a stare dietro alla domanda, tra i clienti più affezionati ricorda la contrada della Tartuca, «dei veri divoratori di chiocciole». Ma è a questo punto del racconto che Roberto, mentre afferra da un cassetto un vasetto di chiocciole cucinate mi dice: «abbiamo provato anche con questi, ma non siamo mai riusciti a rientrare dei nostri investimenti». A un passo dal mollare tutto o dal cercare ulteriori prestiti per ampliare l'azienda, i due soci provano a "chiedere" ai loro amati animaletti (perché, misteri della vita, Roberto li ha sempre amati davvero) di aiutarli con la loro preziosissima bava, un formidabile antibatterico richiestissimo dalle case farmaceutiche per le ottime proprietà rigeneranti, cicatrizzanti e ammorbidenti per la pelle. Una richiesta non così facile da soddisfare visto che gli unici in grado di produrre bava di lumaca per la cosmesi sono i laboratori Lissa, una multinazionale Colombiana. Roberto riesce a trovare a Bologna un bravo chimico esperto di bava di lumaca e si mette subito a provare, giorno dopo giorno, facendo analizzare il suo prodotto ogni settimana, per otto mesi, ma dal laboratorio riceve sempre le stesse risposte: «è impresentabile, è inquinatissima, fa "hahare"» mi dice con quel suo dialetto tosco - sudamericano scherzandoci su. Finché una domenica, quando va ad aprire come al solito la mail dei risultati delle analisi della bava legge: «Complimenti, lei è toscano, ha scoperto il Brunello della bava di lumaca». «Mi stanno prendendo per il culo ho pensato» continua Roberto, ma quando chiama il laboratorio gli confermano che ce l'ha fatta, che ha trovato il modo di produrre una bava di qualità eccezionale. Oggi La chiocciola del Chianti è il secondo produttore di bava di lumaca al mondo, rifornisce i ⅔ della distribuzione italiana di materia prima per la cosmesi e confeziona una propria linea di prodotti richiestissima in molti paesi europei. Prima di andarmene Roberto mi ha voluto regalare alcune creme e una confezione di bava pura al 100%, profumatissima: ecco cos'era quel piacevole odore di fiori di campo, mentre io l'ho salutato con la promessa che prima o poi avrei scritto di lui e della sua azienda.

Conclusioni — Da quel giorno è passato un anno all'incirca e non sono diventato un allevatore di lumache, ho scelto di tenermi la mia partita iva: quest'anno compie un'età importante, 18 anni ... Auguroni. Invece mio babbo si è fatto il suo piccolo allevamento, anzi, lo definirei microscopico, «per la cena di Natale» come dice lui e chi lo sa, potrebbe sempre diventare il terzo produttore al mondo di bava di lumaca.
Cherasco rimane una tappa obbligatoria per qualsiasi futuro elicicoltore. Il suo Istituto internazionale di elicicoltura ha il merito di avere ideato un proprio metodo di allevamento e il personale sarà cortese e ben disposto ad aiutarvi; Quando andarci? ovviamente in occasione dell'Incontro internazionale di elicicoltura ... ma fate attenzione se siete tipi facilmente entusiasmabili, consultatevi anche con gli allevatori della vostra zona e tenete bene a mente che «se non ci saranno le condizioni – come direbbe Giovanni Avagnina – allevare lumache non è obbligatorio».
Roberto Bredice non l'ho più visto né sentito (a questo punto penserà che volevo scucirgli il suo prezioso segreto) ma come potrei dimenticarlo, se non altro per quell'inconfondibile profumo che si diffonde per la casa ogni qualvolta mia moglie usa le sue creme. E anche adesso mi diverto a immaginarlo col giornale sotto braccio e, con quella sua espressione sarcastica, tirare un bel sospiro di sollievo mentre sale a bordo della sua Panda dell'86.

Un caro saluto, Mirco Sanchini

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