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giovedì 30 maggio 2013

Val d’Orcia: occorre un nuovo slancio

convegnovaldorcia650Occorre governare i cambiamenti del paesaggio, secondo il sindaco Magrini.
La Val d’Orcia ha bisogno di un turismo culturale. “Ma non quello di festival e sagre, che sono tutti uguali”. Lo ha affermato il professor Pietro Clemente in un convegno che si è svolto oggi, sabato 25 maggio, a Radicofani, parlando dell’alta Val d’Orcia
come “un modello di complessità nemico della globalizzazione. Per questo va difeso in maniera attiva, con nuove idee. Occorre un’autority –– sempre secondo Clemente - che costruisca un processo di sinergie e capacità di ricerca, che dia un nuovo slancio a progetti lungimiranti, come quello del Parco naturale artistico e culturale della Val d’Orcia”. Occorre anche una diversa capacità di comunicazione: far comprendere, ad esempio “che le attività umane si svolgono lì, dove c’era il mare”
Questo territorio appare in bilico tra difesa a oltranza del paesaggio e necessità di sviluppo. “Eppure – ha sottolineato il sindaco Massimo Magrini – è sempre stato in continua trasformazione. Ma i processi di cambiamento vanno assecondati con criterio. Per questo sono contrario alle pale eoliche, alla geotermia o al fotovoltaico che ruba spazi all’agricoltura, in un’area dove la bellezza del paesaggio si lega al valore delle sue produzioni”. Ed ecco la necessità di assumere l’eredità della Val d’Orcia, per progettarne il futuro, con una capacità di conciliare il campanilismo con una programmazione di area, insieme a una proposta culturale che vada più in profondità. Questo il messaggio che arriva da Radicofani, unito a un’attenta descrizione dei fenomeni di erosione, così particolari a causa di un territorio argilloso ma ricco di depositi di sale marino.
Quel paesaggio che oggi tutti amano è figlio delle bonifiche e delle trasformazioni degli ultimi anni: una mostra fotografica, curata da Daniele Spennacchi, dimostra che il dominio dei calanchi è stato sostituito da colline ben modellate e coltivate, con tante inquadrature di una campagna brulla che oggi, magari, sarebbero oscurate dai boschi. La stessa rocca di Radicofani, assediata dagli alberi, già nelle foto anni Cinquanta appariva come un altipiano piatto e spoglio. Quello che i viaggiatori del ‘700 descrivevano come un deserto, oggi sembra un paradiso. “Molto dipende dalla percezione – ha osservato Federico Scarpelli dell’università La Sapienza – che hanno i turisti. Ma ciò che conta è che i residenti siano diventati parte attiva di un processo di appropriazione di un patrimonio culturale. Ad esempio, in molti si preoccupano perché le politiche comunitarie possono incidere sulla scelta delle coltivazioni,e magari far sparire i romantici campi di grano. Qui c’è stata una comunione di intenti tra enti pubblici e popolazione locale, con una difesa positiva del valore dei paesaggi”.
Geologi, storici e antropologi, nel convengo organizzato dal Comune di Radicofani e coordinato da Mariano Fresta hanno dato prova delle potenzialità di un confronto costruttivo, e di come la ricerca possa dare una chiave di lettura sull’alta Val d’Orcia, pensando a uno sviluppo attento alla sua storia nobile, grazie a una sensibilità che deve caratterizzare gli amministratori locali.

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