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venerdì 4 novembre 2011

Il Sambuco ... sette buoni motivi per rendergli omaggio

(di Francesco Matteucci)
Sambuco nero (Sambucus nigra) della famiglia delle Caprifoliaceae, è una pianta arbustiva che cresce su tutti i terreni fino a circa mille metri d’altitudine. Gli arbusti, che possono  arrivare fino a  dieci metri d’altezza, hanno la corteccia fessurata di colore grigio-brunastro ed il legno ha al suo interno un chiaro e soffice midollo. L’infiorescenza primaverile presenta fiori bianchi profumatissimi a forma di grande ombrello e ad agosto si formano le bacche nero bluastre raccolte normalmente per preparare sciroppi e
marmellate. La completa maturazione, di norma raggiunta alla fine dello stesso mese, è il momento migliore per la raccolta anche perché, se prelevate acerbe, possono essere lassative.
Del Sambuco si diceva che, come il maiale, non si buttasse via nulla, oppure che, grazie alle sue proprietà curative ci s’inginocchiasse davanti alla pianta sette volte, quante erano le parti  utilissime per la salute dell’uomo: i fiori, le foglie, le bacche, la corteccia, le radici ed il midollo.
I germogli, preparati in decotto assunto caldo sono utili per calmare le nevralgie.
Le foglie, se applicate come impacchi curano le malattie della pelle oltre che lenire il dolore e l’infiammazione di scottature e ferite; insieme ai fiori curano le emorroidi e gli ascessi.
I fiori sono la parte maggiormente curativa perchè danno rimedi come depurativo e diuretico, contrastano il raffreddore e le malattie invernali (febbrifughi, rilassanti, stimolanti la sudorazione), e sono buon rimedio contro i geloni e la bronchite. Oltre ad avere proprietà disintossicanti, curano le irritazioni degli occhi e gli orzaioli e, come lozione, danno morbidezza alla pelle.
Le bacche, se assunte sotto forma di sciroppo, curano le infiammazioni di bronchi e polmoni ed essendo inoltre piene di vitamine sono utili per prevenire i raffreddori invernali, curare gli stati gravi di stanchezza, rinforzare il sistema immunitario e, sempre come sciroppo, curano le infezioni; sono lievemente lassative, quindi utili contro la stitichezza.
La corteccia è simile alle bacche, con proprietà lassativa e se assunta a dosi elevate favorisce il vomito. Messa fresca sugli occhi cura le irritazioni.
La radice bollita e pestata cura la gotta ed infine il midollo, ridotto in poltiglia insieme a farina e miele, lenisce il dolore causato dalle lussazioni.
I principi attivi del Sambuco nero sono molteplici e forse è una delle piante che ne possiede di più in assoluto:
Nei fiori troviamo olio essenziale,  flavonoidi, acidi fenolici, quercetina, canferolo, rutina, isoquercitrina, iperoside, astragalina, quercitrina, acido p-cumarico,  acido caffeico, triterpeni, acido ursolico, acido oleanolico, acido palmitico, acido linoleico, acido clorogenico, stesoli, mucillagini, tannini, pectine e zuccheri.
Nelle foglie:  sambunigrina, glucoside cianogenetico, colina, rutina, quercetina, stesoli, sitosterolo, stigmasterolo, campestrolo, triterpeni, alfa e beta-amirina, palmitati acido oleanolico ed ursolico, alcani, acidi grassi, stearico, oleico, linoleico, tannini, resine, grassi, zuccheri, vitamina C.
Nei frutti:  flavonoidi, rutina, isoquercetina, iperoside, tannini, antociani, sambucianina, crisantemina, tracce di olio essenziale, sambunigrina, prunasina, olocaina, zuccheri, acido citrico, acido malico, vitamina A, vitamina C, vitamine del complesso B, (tiamina, riboflavina) acido nicotinico, ammide, vitamina B6, inositolo, acido pantotecnico, acido folico, biotina, tiroxina.
Nella corteccia: sali di potassio, colina, zuccheri, tracce di olio essenziale, glicosidi cianogenentici, sambunigrina, alcaloide sambucina, tannini.
Nei semi: glicosidi cianogenetici
In montagna troviamo inoltre un altro tipo di sambuco (Sambucus racemosa) con bacche rosse; le sue proprietà curative sono identiche al “nigra”.
Il sambuco può essere mangiato con lo stesso procedimento degli asparagi; sinceramente l’idea mi alletta poco, pertanto ho sempre evitato di sperimentare tale piatto.
L’ottava meraviglia di questa splendida pianta risiede nel legno svuotato dal suo midollo biancastro.
Se ne facevano piccole suppellettili ma soprattutto si allietavano feste e danze con il suono dolce e raffinato che derivava dal flauto più o meno lungo ricavato dal fine arbusto modellato e forato dove abili labbra immettevano aria dando vita a note leggiadre e suoni allegri.
Nelle leggende germaniche si narra che la musica che si traeva da tale strumento proteggesse dai sortilegi, come testimonia l’opera di Mozart “il Flauto Magico”, richiamando l’attenzione degli spiriti silvestri per scacciare malie, sfortune, negatività e tristezza.

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