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sabato 2 aprile 2011

Laura Ballini a Bagno Vignoni

Domani pomeriggio 3 Aprile alle ore 18.00 a BAGNO VIGNONI presso la sala mosre delle Piscine dell’Hotel Posta Marcucci si inaugura la mostra di pittura dell’artista elbese LAURA BALLINI, che rimmarra’ aperta per tutto il mese d’aprile.

Agli scettici e a quanti sono convinti dell’oggettività del reale io dico che quella sera, dalla terrazza di casa mia – terrazza che in questa parte di Toscana significa ‘balcone’ –, io vedevo il mare della campagna lontana, con le sue file di cipressi, e tentavo l’ebbrezza di un naufragio leopardiano; mia madre, invece, ripensava ai ritmici filari di San Guido; mio padre sentiva – ne sono sicuro – il profumo del legno di cipresso.
Tutti e tre guardavamo le colline senza sospettare che ciascuno di noi vedeva un panorama diverso. Posso dire, però, che per tutti noi, laggiù in fondo – in quella nebbia dove lo sguardo non penetrava – c’era la mia felicità, l’unica cosa, si fa per dire, oggettiva (Timothy Holthorne & Raffaele Giannetti, Altri racconti del diavolo).

 Dolce è l’inquietudine che mi trasmettono i quadri di Laura, perché io ci sono già stato, in quei quadri. Quando non saprei dire, con precisione, ma so di esserci stato, davvero. È come ritornare dentro il mondo dell’infanzia, quando l’invenzione fa ancora parte del quotidiano, e in qualche maniera lo prepara. Ho già guardato il faro sulla scogliera da sotto un albero frondoso (ma c’è un trucco: dentro quei fiori infiammati di cielo c’è ben altro di quello che sembra). Vicino troviamo i fichi d’india e appena più là un concerto sulle acque, come fosse esalazione di un’anima sensibile.
Ho già provato quelle emozioni sull’acqua; ho già vissuto nel mondo di Gabriele e del suo ricordo felice. E se la vita della mente non è un inganno, so che da qualche parte della mia esperienza – intima, silenziosa, tutta mia – quando la notte mi avvolgeva, essa prendeva le dolci forme e le morbide pieghe del mio pigiama o del lenzuolo. Non era, naturalmente, la notte comune, quella, per così dire, dell’orologio o degli astri, ma quella del mio sonno. Dunque, c’era una volta un cuscino… Pioveva dal grande imbuto del cielo, lacrimava una barca dal suo occhio.
Ripagante è l‘inquietudine che mi trasmette la fantasia di Laura, perché mi rassicura sull’esistenza di una dimensione pericolosa a pensarla solo mia. Del resto, non ci sono dubbi che si tratti di una immaginazione veritiera: ne fa fede la chiave lasciata sul ramo, una di quelle chiavi vere, moderne, di quelle per le serrature di sicurezza, di quelle che aprono i nostri mondi di oggi, non quelle false, rugginose e pesanti, di una volta.
La felicità espressiva di Laura è lì, di fronte a noi, per essere nuovamente abitata.

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