Oggi sono decisamente svogliato, non è giorno. Seleziono la modalità random e spulcio qua e là notizie e notiziole sul magico mondo del vino. E trovo alcune amenità. Per esempio il massimo comun denominatore tra il Consorzio del Chianti Classico e Confargricoltura Asti : piangere e strepitare per
attaccarsi alla mammella sempre meno gonfia di mamma Stato e, magari, anche di zia Unione Europea. A quale scusa si aggrappa stavolta l’assai italica filosofia del rimborso? Al fatto che i vigneti subiscono danni da caprioli, cinghiali & affini. Ora, non voglio addentrarmi in considerazioni “verdi” come il fatto che la fauna dei boschi stia lentamente scomparendo, ma due sono le cose buffe assai che leggo, uscite dalle onorevoli bocche degli onorevoli presidenti delle due onorevoli organizzazioni. In primis si chiedono, anzi si pretendono, gli abbattimenti per “preservare l’equilibrio naturale”. Curioso che l’uomo, che ha distrutto e continua a distruggere quell’equilibrio naturale, se ne autoproclami tutore quando sul tavolo ci sono interessi economici particolari che di quell’equilibrio se ne infischiano bellamente… Ma il meglio viene quando i disinteressati presidenti cercano di toccare il cuore delle mamme italiane, ognora in ambasce, secondo loro (che invocano il controllo della fauna anche e soprattutto per la sicurezza stradale), pensando ai figli alla guida di auto sotto costante minaccia di orde di feroci caprioli che invadono le carreggiate provocando incidenti, disastri e forse (riflettiamoci bene) anche guerre e catastrofi nucleari.
Ora, se i dati statistici non sono manipolati da fanatici ecoterroristi, risulta che gli incidenti d’auto provocati dalla fauna selvatica siano molto meno frequenti di quelli causati dalla guida in stato di ebbrezza. Dunque le crocerossine di cui sopra, nella loro missione di salvare gli automobilisti, provvederanno immediatamente al blocco della produzione vinicola, immagino. Ma forse anche no.
Tutto questo mi si va a legare, nella mente, alla dichiarazione del Commissario europeo all’agricoltura, Dacian Ciolos, che ha dichiarato superata la liberalizzazione dei diritti d’impianto, accettando di coinvolgere nel processo normativo dell’agricoltura europea i professionisti del settore. Ecco, a parte l’ennesima dichiarazione di resa della UEI (Unione Europea Inesistente), i due temi – di per sé lontanissimi – mi si legano in testa perché qui, in Italia, c’è sempre il rischio di dar vita a mostruosità deformi e totalmente inefficaci. Se in altri Paesi (Francia in primis) esiste infatti un sistema nazionale dei suddetti professionisti, da noi non esiste niente di analogo e – diciamocelo chiaramente – non esisterà mai. E non per interessi diversi e inconciliabili, ma per la cialtroneria ed incapacità di parte della classe dirigente imprenditoriale nostrana. Gente che, per esempio, si attacca ai caprioli pur di raschiare qualche spicciolo. O che ne chiede lo sterminio per salvare i nostri ragazzi sulle strade. O che alimenta il gigantismo delle denominazioni (recente la notizia che anche Montefalco e Bevagna sono entrate, a suon di ricorsi al Tar, nella denominazione Spoleto Doc. Evviva evviva). Gente che non solo non è capace di avere una strategia economica di ampio respiro, ma che non ne ha neanche per il proprio orticello, buona solo a sventolare la bandierina del proprio villaggio e a mendicare soldi dallo Stato. Insomma, il rischio è quello di mettersi nelle mani dei soliti luminari dell’imprenditoria italiana.
attaccarsi alla mammella sempre meno gonfia di mamma Stato e, magari, anche di zia Unione Europea. A quale scusa si aggrappa stavolta l’assai italica filosofia del rimborso? Al fatto che i vigneti subiscono danni da caprioli, cinghiali & affini. Ora, non voglio addentrarmi in considerazioni “verdi” come il fatto che la fauna dei boschi stia lentamente scomparendo, ma due sono le cose buffe assai che leggo, uscite dalle onorevoli bocche degli onorevoli presidenti delle due onorevoli organizzazioni. In primis si chiedono, anzi si pretendono, gli abbattimenti per “preservare l’equilibrio naturale”. Curioso che l’uomo, che ha distrutto e continua a distruggere quell’equilibrio naturale, se ne autoproclami tutore quando sul tavolo ci sono interessi economici particolari che di quell’equilibrio se ne infischiano bellamente… Ma il meglio viene quando i disinteressati presidenti cercano di toccare il cuore delle mamme italiane, ognora in ambasce, secondo loro (che invocano il controllo della fauna anche e soprattutto per la sicurezza stradale), pensando ai figli alla guida di auto sotto costante minaccia di orde di feroci caprioli che invadono le carreggiate provocando incidenti, disastri e forse (riflettiamoci bene) anche guerre e catastrofi nucleari.
Ora, se i dati statistici non sono manipolati da fanatici ecoterroristi, risulta che gli incidenti d’auto provocati dalla fauna selvatica siano molto meno frequenti di quelli causati dalla guida in stato di ebbrezza. Dunque le crocerossine di cui sopra, nella loro missione di salvare gli automobilisti, provvederanno immediatamente al blocco della produzione vinicola, immagino. Ma forse anche no.
Tutto questo mi si va a legare, nella mente, alla dichiarazione del Commissario europeo all’agricoltura, Dacian Ciolos, che ha dichiarato superata la liberalizzazione dei diritti d’impianto, accettando di coinvolgere nel processo normativo dell’agricoltura europea i professionisti del settore. Ecco, a parte l’ennesima dichiarazione di resa della UEI (Unione Europea Inesistente), i due temi – di per sé lontanissimi – mi si legano in testa perché qui, in Italia, c’è sempre il rischio di dar vita a mostruosità deformi e totalmente inefficaci. Se in altri Paesi (Francia in primis) esiste infatti un sistema nazionale dei suddetti professionisti, da noi non esiste niente di analogo e – diciamocelo chiaramente – non esisterà mai. E non per interessi diversi e inconciliabili, ma per la cialtroneria ed incapacità di parte della classe dirigente imprenditoriale nostrana. Gente che, per esempio, si attacca ai caprioli pur di raschiare qualche spicciolo. O che ne chiede lo sterminio per salvare i nostri ragazzi sulle strade. O che alimenta il gigantismo delle denominazioni (recente la notizia che anche Montefalco e Bevagna sono entrate, a suon di ricorsi al Tar, nella denominazione Spoleto Doc. Evviva evviva). Gente che non solo non è capace di avere una strategia economica di ampio respiro, ma che non ne ha neanche per il proprio orticello, buona solo a sventolare la bandierina del proprio villaggio e a mendicare soldi dallo Stato. Insomma, il rischio è quello di mettersi nelle mani dei soliti luminari dell’imprenditoria italiana.