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La Robbia, secondo Dioscoride e Galeno; note sull'uso della pianta nella tintura dei tessuti

(di Luigi Giannelli)
Nei boschi della Val d’ Orcia, in verità striscianti nel sottobosco, si trovano le due specie del genere “Rubia”, ovvero della Robbia.
La scelta di questa pianta è avvenuta quasi scherzando sull’importanza dei Della Robbia, come entità artistico-artigianale, nell’area della Val d’ Orcia.
<< Allora potremmo fare un articolo sulla Robbia! >> dice Antonio Sigillo, che dei Della Robbia si era occupato durante una riunione di redazione della rivista.


Bene! Come dicevamo, nei boschi valdorciani sono frequenti sia la Rubia Tinctorum L. sia la Rubia peregrina L. (meno frequente).
La Rubia Tinctorum L. è stata una delle più importanti piante tintorie dell’antichità, usata per millenni, praticamente fino alla rivoluzione industriale, per produrre coloranti di sintesi.
Attualmente anzi, c’è una nuova ricerca di coloranti alternativi e naturali, vista la tossicità di quelli sintetici.
Se poi i Della Robbia sono passati alla storia per le loro fantastiche ceramiche decorative, evidentemente tra i loro antenati c’erano raccoglitori o coltivatori di questa pianta.
La radice della Robbia contiene sostanze coloranti così potenti, che il midollo delle ossa dei cinghiali, che ne sono ghiotti, diviene giallo-aranciato, il colore della radice.

Come al solito faremo riferimento al testo maggiore di farmacologia antica, la Materia Medica di Dioscoride.
La Robbia o Rubbia, come chiamata popolarmente ieri e oggi, è posta nel nostro caso sotto la voce “Erithrodano” (voce attinente alle sue capacità coloranti, in questo caso, in rosso più o meno acceso).
Abbiamo cambiato qualche parola per rendere la lettura di un testo del XVI secolo più facile ai contemporanei. La versione Mattioli è del XVI secolo, ma Dioscoride è del I sec. d.C., rammento!
Libro III, Cap. 154 (vers. Mattioli):
<< L’ Erithrodano/Robbia è una radice rossa, con la quale si tingono le lane.
La si trova selvatica, che nasce dove vuole, ma anche domestica, come in Thebana di Francia, o a Ravenna in Italia. Si coltiva, seminandola, in Caria [odierna Turchia], tra gli Olivi, come si fa per i campi. La coltivazione della pianta è molto redditizia.
I suoi fusti quadrangolari, lunghi, ruvidi, ed aspri, simili a quelli dell’ Aparine [Galium aparine L., detto anche “attaccamani”, altra rubiacea, ma non tintoria], ma più forti e più grandi; nei quali sono le foglie attaccate tutte intorno, come una stella. Produce frutti rotondi, prima verdi, poi rossi e infine neri.
La radice è sottile, lunga e rossa.
è diuretica e si beve quando si vuole curare anche la stasi biliare [detta da Mattioli “trabocco di fiele”], con Acqua Melata(1). Allo stesso modo si usa per curare le sciatiche e certe forme di paralisi.
Fa orinare copiosamente l’orina densa e qualche volta il sangue. Ma è necessario per coloro che ne bevono il decotto, di lavarsi ogni giorno nel bagno e osservare ogni giorno l’aspetto delle feci e la loro differenza volta per volta.
Il succo della radice e delle foglie, giova ai morsi dei serpenti, assunto con Vino.
Il seme, bevuto con Aceto Melato o Oxymele(2), diminuisce la milza [la milza ingrossata e dura è segno di grave patologia per la Dottrina Umorale Ippocratico-Galenica].
Oltre a ciò, la radice applicata ai genitali femminili, favorisce le mestruazioni, il parto e l’espulsione della placenta.
Applicata [sulla pelle] con Aceto, sana le vitiligini bianche. >>.
Questo dice Dioscoride.
Galeno [II sec. d.C., medico di corte imperiale da Marco Aurelio a Settimio Severo; campò più di 80 anni!] la descrisse, molto più sinteticamente, ma non meno accuratamente, nel VI Libro del “Virtù dei medicamenti semplici”:
<< è la radice di Robbia al gusto acerba e amara. E perciò(3) compie tutte quelle azioni legate a questi sapori: quindi essa ripulisce il fegato e la milza, e fa abbondantemente espellere l’orina densa e qualche volta anche sanguinolenta. Provoca i mestrui e “asterge” [“pulisce asciugando”] ove ve ne sia bisogno. Applicato esternamente spenge le vitiligini bianche. Alcuni la danno a bere con Acqua Melata nella sciatica e nelle paralisi. >>.
Nella tradizione popolare toscana, il decotto di Robbia era usato per espellere coaguli sanguigni dall’apparato genito-urinario (Fonte: Simone Iozzi, Maestro Erborista contemporaneo – e ben vivo! - di Firenze). Come si vede, corrisponde a quanto anche gli antichi avevano ossrvato.

Quindi, dal punto di vista erboristico-fitoterapico, secondo la Dottrina Umorale dell’area mediterranea colta (ma anche popolare) la Robbia è un presidio “depurativo” di grande potenza, diuretico, evita la formazione di calcolosi renali e agisce sugli organi genitali femminili, ma anche sulle articolazioni (le cosiddette “paralisi”, a parte le sciatiche, sono sindromi articolari, più che neurologiche). Non è facile a trovare, anche perché, ormai, è stata sostituita nella pratica erboristica quotidiana da piante altrettanto efficaci.
Comunque ci impegneremo a recuperarla!

Attenzione, i principi coloranti sono diversi tipi di antrachinoni, tra i quali emerge l’alizarina.
Ce ne sono altri che danno la complessità del colorante: alizarina-2-metil etere; purpurina, pseudo porporina, rubiadina, munjistin. Tutti antrachinonici. Ma non hanno effetto purgante.
Sappiamo che le piante purganti più usate oggi, come la Senna, la Frangola, e altre, devono la loro azione alla presenza di particolari antrachinoni. Anche l’Iperico contiene principi attivi simili (antrachinoni e naftodiantroni), ma non purganti.

Volendo concludere con una nota sulle varie possibilità coloranti della Robbia, abbiamo preso un paio di testi “classici”, anche se non troppo antichi:
1 – “L’arte del Tintore” (che fa parte dei “Secreti concernenti arti e mestieri”, dove non viene riportato l’autore, ma si suppone sia Giovanni Pozzi). Edizione milanese, tradotta dal francese, dalla Tipografia Giovanni Silvestri di Milano “agli scalini del Duomo”, del 1823.
2 – “Manuale del Tintore”, autori due Roberto Lepetit, delle edizioni Hoepli, Milano, 1905.
Dal primo testo, quello più vecchio, del 1823, si dice:
<< Del rosso di Garanza [la Robbia è detta anche Garanza], la più bella, che è quella che viene dalle Fiandre, dopo che si è fatta bollire coll’ Allume [che agisce da fissatore sui tessuti], colla gravella [specie di sabbia, sempre con funzioni di fissatore], colla crusca e colle acque agre [acque provenienti da giacimenti alluminosi, anche esse con funzione mordenzate-fissativa].
Altri tintori si servono del realgar [solfuro di arsenico] o dell’arsenico [ossido o anidride arseniosa] nella bollitura. Altri impiegano il sal comune o altro sale con della farina di frumento. Altri si servono dell’ Agarico [Fomes officinalis, fungo duro del Larice, usato largamente un tempo in medicina] o dello spirito di Vino con della galla [di Quercia] , oppure della Terra Merita [abbiamo trovato che oggi per “Terra Merita” si intende il principio colorante della Curcuma, ovvero la curcumina; nulla di più normale, in quei tempi associare i coloranti]: ciò dipende dalla fantasia. >>.
Dal secondo testo, quello “moderno”, del 1905:
In questo caso il testo è molto lungo e ci accontenteremo di un riassunto con alcune citazioni.
Intanto dice che la pianta, originaria dell’ Asia, ha coltivazioni che si sono estese in Olanda, nell’Alsazia, nel sud della Francia ed in Italia. Le migliori qualità sono quelle francese e italiana.
Invece di usare la droga tal quale, se ne fa un estratto, eseguito con acque acidulate; da questa si estraggono anche materie zuccherine che possono essere fatte fermentare per ottenere alcool (il genere umano le pensa tutte per ottenere alcool!).
<< La polvere, lavata, è trattata con acido solforico concentrato, che distrugge la materia legnosa e libera parte della materia colorante, che andrebbe perduta senza tale preparazione ed aumenta in modo notevole il potere colorante della garanzina [la garanzina è il principio colorante, così come era chiamato all’inizio del XX secolo!]. >>.
Poi si prende la pasta colorante, si lava in molta acqua – per togliere l’eccesso di acido solforico – e si filtra e si lava ancora, si fa essiccare e si comprime, ottenendo la garanzina commerciale.
Il potere colorante della garanzina è quattro volte quello della pianta, pur essendo il suo peso solo un terzo.
La tintura in rosso detta 'rosso turco', mediante la garanzina è lunga e difficile.
Si descrive accuratamente il processo, dato che un tempo l’arte tintoria era in mano a corporazioni che tenevano gelosamente i loro segreti, anche della complessità delle procedure. Ormai siamo già nell’epoca dei 'protocolli'.
Prima si passa il cotone in olio d’oliva e successivamente emulsionato con carbonato di potassio.
Più volte; i bagni in olio rendono più pronta la capacità del tessuto di assorbire il colorante.
Poi si passa in bagno di allume. Occorre usare dell’allume di rocca puro, privo di impurezze di ferro.
A volte veniva aggiunto sangue bovino o Sommacco (Rhus Coriaria L.), potente agente conciante, a base tannica. Per rendere il colore rosso brillante, si fa bollire più volte in una caldaia sotto leggera pressione (siamo già in ambito assolutamente industriale), insieme a sapone e sale di stagno (detto così dovrebbe essere il cloruro di stagno).
Per la tintura della lana si mette un mordente a base di allume e cremor tartaro (estratto dal tartaro delle botti, tartrato di potassio acido, che precipita dal Vino durante la stagionatura o l’invecchiamento). Alla fine si aggiunge un po’ di sale di stagno.
I colori fatti con la Robbia o con la garanza sono di grandissima solidità.
Ma gli autori del 1905 già dicono che l’uso è quasi abbandonato.
Evento di grande interesse, dal punto di vista chimico: i sali di alluminio, di stagno, e di altri metalli, usati fin dall’antichità, formano degli speciali complessi con i coloranti della Robbia, detti 'lacche', molto stabili e belli.
A seconda dei metalli usati o anche dalle procedure impiegate, si avranno gradazioni diverse, dal rosso scarlatto, al porpora, al rosa chiaro al rosa confetto, al fucsia e via dicendo.

Curiosità: fanno parte della famiglia delle Rubiaceae il Caffè e l’Uncaria!

Note: 
1. Acqua Melata, ovvero acqua bollita con Miele.
2. Aceto Melato o Oxymele: Aceto bollito con Miele.
3. Il sapore è molto importante sia per gli antichi, che lo collegavano a specifiche proprietà, ma anche oggi molti principi attivi sono – al di là delle analisi chimiche più sofisticate – indicati da certi sapori e/o odori specif


Bibliografia:
Mattioli P.A. “Discorsi sulla Materia Medicinale di Pedacio Dioscoride Anazarbeo”, Venezia 1557 (Rist. anastatica Biokyma-Anghiari AR ‘93)
Pozzi G. - “Secreti concernenti Artiu ed i mestieri” - Arte del Tintore - Milano, 1823
Lepetit R. e Lepetit R. - “Manuale del Tintore - Milano, 1905
Vitruvio P. - “De Architectura” - a cura di P. Gros - Einaudi - Torino 1997
Varrone M. T. - “Opere scelte” - Classici UTET 1974 - rist. 1996
Plinio G.S. “Storia Naturale” - vers. M.L. Domenichi - Venezia,1612
Plinio G.S. “Storia Naturale” - a cura di G.B. Conte - Einaudi - Torino, 1983-1995
Dioscoride P.  “Materia Medica” - vedi vers. Ruellio - Venezia 1538 e Mattioli - Venezia, 1557 e 1568
Galeno C. “De Simplicium medicamentorum facultatibus” vers. Gaudano - Lione, 1547
Du Ruel J. (Ruellio) - “Pedacii Dioscoridis Anazarbei De Medicinali Materia Libri Quinque”- Venezia, 1538
Mattioli P.A. “Discorsi” - Venezia, 1557 (Rist. anastatica Biokyma-Anghiari AR ‘93)
Avicenna  “Canone della Medicina” - vers. G.Cremonese-correz.A. Alpago - Basilea, 1556
Avicenna “Canone della Medicina” - vers. G.Cremonese-correz.A. Alpago - Venezia, 1595 - 2004
Fernel J. - “Therapeutices universalis, seu medendi rationis libri septem” - Francoforte , 1593 
Donzelli G. - “Teatro Farmaceutico Dogmatico e Spagirico” - Venezia, 1734 
Auda D. - “Breve compendio di Maravigliosi Secreti” - Venezia e Bassano [XVII secolo] - rist. anastatica Casa Editrice D’Anna - Messina - Firenze - Pres. Carlo Lapucci - presumib. 1990.
Auda D. - “Pratica de’ Spetiali” - Venezia, 1674
Cristini P.B. - “Pratica Medicinale et Osservationi” - Bologna, 1680
Lemery N. - “Corso Chimico” - Torino, 1695
Lemery N. - “Farmacopea Universale” - Bassano, 1786
Castelli B.- “Lexicon Medicum Graeco-Latinum” - Padova, 1762
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Lemery N. - “Farmacopea Universale” - Bassano, 1786
AA.VV. - “Ricettario dello Spedale degl’incurabili” - Napoli, 1835
Pazzini A.- “Storia della Medicina” - Società Editrice Libraria - Milano, 1947
Masino C. - “Voci di Spezieria dei secoli XIV°-XVIII°” - Accademia Italiana di Storia della Farmacia - Piacenza,1988
Russo L. - “La rivoluzione dimenticata” - Feltrinelli - Milano, 1996 (esistono edizioni successive, fino al 2005) AA.VV.* - Una Farmacia Pre-Industriale in Val d’ Elsa - Città di S. Gimignano, 1981
“Papiro di Ebers” - traduzione italiana moderna a cura di Egle Trovato e David Heath, tutt’ora inedita.
“Le pietre mirabili” - a cura di Ludmilla Bianco - Sellerio Editore - Palermo 1992
* Tra i quali lo scrivente.