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Il "Barbabecco", un’insalata di campo che cura

(di Francesco Matteucci)
A primavera chi dalle nostre parti non ha partecipato almeno una volta, munito di coltellino ed orribile borsa della spesa in pvc, alla raccolta d’insalatine di campo dai mille sapori e delicatezze, con la convinzione tramandata che oltre a non costare nulla, siano anche utili per la salute?
Giovani pianticelle di “tornacrepoli, raperonzoli, crespini, cicoria selvatica, barbabecco ...” infilate tutte nella venefica borsa e portate a casa per
essere pulite tenendo foglie e radici edibili per essere poi lavate ed asciugate nello scolapasta, pronte per essere gustate con una condita di olio, sale o due gocce di aceto.
Sapori resi al palato sopraffini e dolci, amarognoli ed erborati, ma quella ciotola di verde era ed è sicura fonte di salute utilissima per una sana sopravvivenza del genere umano. E non c’è da meravigliarsi se passando per le strade della Valdorcia scorgi le 'donnine' con la classica borsa in plastica che sui cigli delle stesse, coltellino alla mano, raccolgono le erbette. Attenzione, questo è un cattivo sistema per procurarsi quel benefico cibo. è dimostrato infatti che, proprio per l’alto tasso di inquinamento derivato dai tubi di scarico delle auto in transito (benzene, xilolo, acido fosforico, biossido di zolfo, polveri sottili (PM10) ...), sulle pianticelle si depositano tali quantità di veleni che per ottenere una moderata pulizia esterna delle stesse andrebbero lavate almeno venti volte in acqua, mentre quelle raccolte lontano dai bordi stradali, abbisognano solo di uno o due lavaggi.

Il Barba di becco, o Barbabecco, che letteralmente vuol dire “barba di caprone, (becco)”, genere Tragopogon pratensis L. fa parte della famiglia delle Asteraceae (Compositae) ed è pianta erbacea biennale che si riproduce per gemma dormiente sul terreno o per seme. Nel primo anno di sviluppo ha solo un ciuffo di foglioline basali, mentre nel secondo produce il fusto che può raggiungere anche i cinquanta centimetri di altezza,  con foglioline dilatate alla base, poi lineari leggermente lanceolate che si assottigliano in una punta acuta: fiori a capolino di un brillante colore giallo chiaro, frutti fusiformi ricoperti da un “pappo” molto piumoso e setoloso di colore bianco (barba di becco).
Sono sicuro che quasi tutti, da giovani, li abbiamo raccolti per soffiarvi sopra ed assistere alla dipartita degli esili e leggere peli al cui apice è situato il seme. La natura ha trovato il modo di farli riprodurre dopo essere stati trasportati dal vento o, involontariamente in quei casi, dal soffio di noi ragazzi.
Vive nei prati incolti e nei pascoli fino a circa duemila metri d’altezza. La radice grigiastra fittonante è piuttosto grossa e carnosa, ricordando così una carota.
Nomi comuni: salsafico, baciapreti, scorzobianca, barba di prete, persemolone.
Può essere coltivata anche in giardino richiedendo come cura solo pochissima acqua circa ogni venti giorni.
I composti chimici presenti sono: inulina, inositolo, mannitolo, fitosterina.
Nella radice, che va raccolta quando la pianta non è in stato vegetativo, sono presenti zuccheri e soprattutto l’inulina, ma anche mannitolo e inositolo che la rendono di gusto dolcemente piacevole. Sotto forma di decotto ha una buonissima azione benefica contro i reumatismi. Normalmente si usa gustare radice e foglioline, sempre tenerissime, crude in insalata condita olio e limone con effetti benefici per l’arterosclerosi, reumatismi ed ipertensione arteriosa avendo queste la prerogativa di rimuovere i residui tossici del metabolismo. Può essere tranquillamente usata dai diabetici perché gli idrati di carbonio presenti non aumentano il livello di glucosio nel sangue.
Il succo fresco della pianta può essere utilizzato con successo sulle verruche.
è inoltre depurativa, espettorante, sudorifica ed astringente. Quindi per chi deve depurare il corpo o seguire una dieta le sue proprietà diuretiche sono utilissime. Ha proprietà sedative della tosse, come stimolante della sudorazione o di aiuto per chi soffre di problemi di respirazione.
Radici e foglie anche per convalescenze o disturbi del fegato.
I petali dei fiori in infusione hanno la capacità di schiarire la pelle e le efelidi.
In cucina si possono usare i giovani getti in minestre, frittate o crude come insalata ed il fusto, le foglie ed i boccioli dei fiori possono essere cotti come si fa con gli asparagi e gli spinaci. La radice, affettata a rondelle o a spicchi, poi essiccata, può essere conservata  per un uso postumo in barattoli di vetro ermeticamente chiusi.
Rimangono semi e frutti da scartare perchè tossici.